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Gestione dei rifiuti urbani in Toscana: migliora il riciclo, ma mancano impianti per la gestione della frazione organica e per la termovalorizzazione

Luci ed ombre nei dati sulla Toscana contenuti nel consueto rapporto sui rifiuti urbani di Ispra – l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale del ministero dell’Ambiente – con dati riferiti al 2018. La produzione di rifiuti torna a crescere dopo l’arretramento registrato nell’anno precedente. La Toscana si conferma la seconda regione per produzione pro capite di rifiuti dopo l’Emilia Romagna. Cresce poi la raccolta differenziata, che balza al 56,1%. E se buoni risultati si segnalano in molti centri medio piccoli, balza all’occhio in controtendenza la situazione negativa di Sansepolcro, dove il tema della raccolta differenziata è stato nei giorni scorsi al centro di una polemica fra Pd/InComune e l’assessorato ai beni comuni. Quanto agli impianti in Toscana i dati sono meno positivi. La regione infatti esporta 156.000 tonnellate di frazione organica differenziata fuori regione per mancanza di impianti, peraltro in regioni non limitrofe, pur disponendo di 16 impianti di compostaggio, mentre non decollano quelli di digestione anaerobica (visto che in Toscana non ne esiste nessuno). Il flusso di rifiuti indifferenziati viene sostanzialmente gestito in impianti di selezione, in tutto una decina, che trattano poco meno di un milione di tonnellate di rifiuti urbani.  Per quel che riguarda i costi del sistema, la Toscana presenta un costo ad abitante di circa 200 euro l’anno contro una media nazionale inferiore, di 175 euro, e un costo a tonnellata di 334 euro contro una media nazionale invece superiore che consta di 350 euro. In sostanza migliora il riciclo, ma mancano impianti per la gestione della frazione organica (infatti viene esportata fuori regione) e mancano impianti di termovalorizzazione, motivo per cui aumenta la quota in discarica.

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