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Madonna del Parto, le tappe della vicenda

Ripercorriamo la lunga storia del contenzioso intorno al capolavoro di Piero

La Madonna del Parto di Piero della Francesca

La recente sentenza del Consiglio di Stato sulla collocazione della Madonna del Parto, che ha aperto la strada a numerose reazioni su scala non solo locale, è solo l’ennesima tappa della complessa vicenda che riguarda il capolavoro di Piero della Francesca. Da almeno tre decenni ne sono protagonisti il Comune di Monterchi, la Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e il Ministero dei Beni culturali, oltre agli abitanti del borgo tiberino, che hanno vissuto con grande partecipazione tutti i delicati passaggi della diatriba.

Dal Quattrocento ai giorni nostri

Per comprendere meglio la situazione attuale è bene partire dall’inizio, quindi dalla metà del XV secolo, e più precisamente in una data tra il 1450 e il 1475 (tradizionalmente il 1459), quando il maestro biturgense realizzò l’affresco nella chiesa di Santa Maria in Silvis, o Santa Maria di Momentana, alle pendici della collina di Monterchi. Secondo l’opinione di alcuni studiosi Piero scelse di dipingere la Madonna del Parto in quella zona, fin dall’antichità legata a culti della fertilità, in ricordo della madre Romana, originaria proprio di Monterchi.

Dopo un salto di oltre tre secoli si arriva al 1785, quando il sito venne scelto per la realizzazione di un cimitero e la chiesa parzialmente demolita. La parte restante, circa un terzo, venne riadattata a cappella. Pochi anni dopo, nel 1789, la cappella fu danneggiata da un terremoto. Dopo la riscoperta e la valorizzazione dell’opera, che fu al centro dell’attenzione degli studiosi a partire dal 1889, un altro terremoto, più violento del precedente, interessò Santa Maria di Momentana nel 1917.

La cappella di Santa Maria di Momentana

All’affresco di Piero toccarono allora alcuni anni di esilio: fino al 1919 fu conservato in località Le Ville dalla famiglia Mariani e in seguito fu trasferito alla Pinacoteca di Sansepolcro, dove rimase fino al 1922, quando tornò nella cappella del cimitero. L’edificio tra il 1955 e il 1956 fu oggetto di un intervento di completa ristrutturazione che ne cambiò l’orientamento, e in quell’occasione il dipinto fu spostato dalla parete ovest alla parete nord.

La vicenda giudiziaria

Nel 1992, nell’ambito delle celebrazioni per il cinquecentenario della morte dell’autore, l’affresco fu sottoposto a restauro. Fu allora trasferito nell’edificio delle ex scuole di via della Reglia, a ridosso del centro abitato. Una soluzione che doveva essere temporanea e si è invece protratta fino a oggi per volontà del Comune, che ha trasformato l’immobile in un museo dedicato interamente alla Madonna del Parto, valorizzando la posizione molto più centrale della nuova sede rispetto a quella originaria.

Il Museo della Madonna del Parto

Questo scenario ha visto la ferma opposizione della Diocesi, che voleva che l’affresco fosse esposto in un luogo aperto al culto, e del Ministero. Sia l’una che l’altro premevano per il ritorno della Madonna del Parto nella cappella del cimitero, in contrasto con la posizione del Comune. La diatriba, legata anche alle opposte rivendicazioni sulla proprietà dell’opera, è sfociata nel 2002 in una causa civile promossa dalla Diocesi. Il tribunale di Firenze ha affidato la soluzione alla mediazione di una commissione composta da due rappresentanti per ciascuna delle tre parti (Comune, Diocesi e Ministero) che non ha avuto esito, anche perché nel frattempo il Ministero, nel 2003, ha dato mandato alla Soprintendenza di organizzare il ritorno dell’opera a Santa Maria di Momentana.

La querelle sembrava però essere arrivata a chiudersi nel 2009, quando Comune e Diocesi avevano sottoscritto un accordo: la Madonna del Parto sarebbe stata trasferita di fronte alla sede attuale, nella chiesa di San Benedetto, i cui spazi avrebbero dovuto essere appositamente riorganizzati coinvolgendo anche l’adiacente ex convento delle Benedettine, vuoto dopo la partenza delle religiose nel 2004. L’accordo si pronunciava anche sullo spinoso tema della proprietà dell’opera, attribuita alla “comunità dei monterchiesi”. Una soluzione che, pur non soddisfacendo tutti, cercava di conciliare l’esigenza di mantenere l’opera nel centro del paese con quella di conservarla in un luogo aperto al culto.

Chiesa e monastero di San Benedetto

Gli sviluppi recenti

Preso atto dell’accordo, la Soprintendenza ha richiesto a Comune e Diocesi “la predisposizione di un progetto espositivo di altissimo livello”. Anche questo percorso non ha però avuto sviluppi, mentre il Ministero ha continuato a insistere per il ritorno a Momentana, in particolare con un atto datato 2015. Il Comune si è rivolto al Tar contro questo provvedimento così come aveva fatto contro quello già citato del 2003. Il primo ricorso dell’amministrazione è stato accolto e il secondo respinto: una doccia fredda, quest’ultima, datata 2021. Entrambe le sentenze sono state appellate al Consiglio di Stato, che le ha unificate in un unico procedimento su cui si è pronunciato nelle scorse settimane, dando ragione al Ministero: annullata quindi la sentenza del Tar che accoglieva le tesi del Comune e confermata quella a favore delle posizioni ministeriali.

In estrema sintesi, la vicenda giudiziaria non ha valorizzato la tesi dell’amministrazione comunale monterchiese, in base alla quale il sito originario non è adatto ad accogliere i visitatori e oltretutto, profondamente trasformato nel tempo, non ha più legami con l’ambiente in cui Piero dipinse l’affresco. Il Consiglio di Stato ha invece premiato la posizione del Ministero, secondo cui il Comune si sarebbe mosso con “l’intento di sfruttare in direzione economico-commerciale il dipinto, marginalizzando la funzione di conservazione e valorizzazione”. La sentenza insiste infatti sul “rapporto biunivoco fra l’affresco e il luogo della sua realizzazione, identitario dell’artefatto iconografico”. “Non depone in senso contrario – argomentano i giudici – la circostanza che la chiesa di Santa Maria in Silvis, presso la quale era originariamente collocato l’affresco, dal 1785 non esiste più”, perché “il culto legato alla Madonna del Parto è stato radicato anche nei secoli successivi nella zona, ovvero nel cimitero e nella relativa cappella”.

La sentenza segna insomma l’ennesima tappa di una vicenda interminabile, che in quest’articolo è stata ripercorsa in maniera solo sintetica. Una vicenda su cui è stata messa una parola “fine” che è tuttavia solo teorica: il Comune non appare intenzionato a darsi per vinto, e in ogni caso il ritorno nella piccola cappella di Momentana, intorno a cui si è espanso il cimitero e che avrebbe bisogno di importanti interventi per poter ospitare il dipinto, non potrebbe certo essere rapido. Si battono dunque ulteriori strade verso un’ipotetica soluzione condivisa, auspicata anche all’indomani della recente visita di una delegazione monterchiese presso la sede romana del Ministero, mentre per i prossimi giorni è in programma un incontro a Siena con il Soprintendente ai beni culturali.

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