Si è svolta ad Anghiari domenica 9 ottobre, con ripetizione la mattina successiva per gli studenti delle scuole, la cerimonia in memoria dell’80° anniversario dell’arrivo del primo convoglio di deportati destinati al campo di internamento fascista di Renicci. Si trattava di diverse centinaia di persone trasferite dal campo di Gonars, in Friuli, una delle quattro località italiane, con Sansepolcro, Barletta e Roma, dove oggi si trova un Sacrario degli Slavi. Dopo di loro tantissime altre persone, oltre 9.000, furono deportate a Renicci negli undici mesi di attività del campo, che operò dal 10 ottobre 1942 al 14 settembre 1943 e ospitò in condizioni terribili, oltre a civili jugoslavi, anche prigionieri politici italiani, in particolare anarchici.
Alla celebrazione ha preso parte una delegazione dell’associazione resistenziale slovena ZZB NOB Slovenije, con i figli di tre ex internati, Alojz Maršič, Janez Alič e Vinko Kožuh. Sono stati loro ad appendere simbolicamente in Piazza Baldaccio un cartoncino con il nome della prima vittima di Renicci. Analoghi cartoncini, compilati dagli studenti anghiaresi con i nomi delle altre 158 persone morte di stenti a Renicci, erano stati precedentemente sistemati lungo il tragitto che avrebbe accompagnato i partecipanti all’iniziativa dal centro di Anghiari all’ex stazione ferroviaria. Questo era infatti il luogo dove arrivavano i prigionieri, che poi, già sfiniti dal viaggio e sospinti dalle violenze delle guardie, dovevano coprire a piedi i 4 chilometri e 400 metri che separavano da Renicci. Lo stesso percorso è stato compiuto dai presenti alla ricorrenza anghiarese per raggiungere quello che oggi è il Giardino della Memoria.
Qui, dopo i saluti istituzionali del sindaco Alessandro Polcri e dell’assessore alla cultura Ilaria Lorenzini, hanno preso la parola il regista Andrea Merendelli, che ha coordinato l’evento, e Andrea Montini, presidente dell’associazione Mea Revolutionae che ha curato la parte tecnica. È stata quindi deposta una corona da parte della delegazione slovena ed è stato poi Janez Maršič, figlio di Alois, ad avviare la suggestiva installazione audio realizzata per l’occasione: venti minuti molto toccanti con musiche della Compagnia dei Ricomposti e letture del diario di Maršić, recentemente tradotto per la pubblicazione in italiano, e di quello dell’anarchico Corrado Perissino. A concludere la registrazione la lettura dei nomi delle 159 vittime di Renicci che era stata incisa dall’attore Saša Vuličević, scomparso alcuni anni fa.
A seguire, uno dei principali artefici del legame tra le associazioni resistenziali locali e quelle della ex Jugoslavia, Mirco Draghi, ha donato una stampa ricordo realizzata dall’artista Gianfranco Giorni alla delegazione slovena, che il giorno prima si era recata a Cantiano. Proprio nella cittadina marchigiana recentemente distrutta dall’alluvione era stato infatti partigiano Vinko Kožuh dopo essere fuggito da Renicci: suo figlio Marko ha potuto così incontrare Maria Rabbini, oggi 93enne, che compare giovanissima in una foto con il padre.
L’importante ricorrenza degli 80 anni di Renicci è stata anche occasione per ricordare i progetti futuri legati a questo luogo, come la costituzione di un apposito Centro studi e la realizzazione di un museo multimediale, con la volontà di tenere viva la memoria rendendone partecipi le nuove generazioni.
80 anni di Renicci, dalla Slovenia i figli di ex internati
Ad Anghiari una suggestiva rievocazione a cui hanno collaborato associazioni e studenti