Quest’anno le abbondanti piogge primaverili hanno preventivamente contribuito a ridurre il problema della siccità. Ciononostante il caldo arido di queste settimane riporta inevitabilmente l’attenzione sull’effettiva possibilità degli agricoltori dell’Alta Valle del Tevere di approvvigionarsi dell’acqua di Montedoglio. Di certo, dopo la ricostruzione del muro di scolo e l’apporto delle scorse precipitazioni, attualmente la disponibilità idrica ha raggiunto livelli decisamente rilevanti, superando i 110 milioni di metri cubi e avvicinandosi progressivamente al massimo previsto di 145 milioni.
Tuttavia, così come segnalato nei mesi scorsi dall’ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni), anche quest’estate una parte delle aziende agricole della Valtiberina toscana e dell’Alto Tevere umbro potrebbe avere problemi a fruire della risorsa idrica: da anni, infatti, sia i limiti del sistema di pompaggio che quelli della rete di distribuzione, limitano gli attingimenti persino nelle aree piuttosto prossime alla diga, dato che il territorio da rifornire comprende anche centri abitati con altimetria superiore a quella di fuoriuscita dell’acqua. Di conseguenza, per consentire un utilizzo idro-potabile ed agricolo della riserva idrica invasata, è necessario innanzitutto pompare una parte della stessa ad una quota maggiore: ciò avviene attraverso il pozzo della località anghiarese di Albiano, dopodiché per gravità l’acqua raggiunge i laghetti di accumulo, quindi le abitazioni civili e le aziende agricole.
In un sistema come questo le maggiori criticità che ciclicamente si verificano nei periodi più aridi riguardano proprio la distribuzione, pertanto fino a che non si investirà su un’opera di efficientamento e miglioramento della rete idraulica esistente, il problema non potrà completamente essere risolto (su questo, tra l’altro, incide anche il fatto che gli interventi di riordino fondiario eseguiti negli anni scorsi hanno interessato soltanto una parte del fondovalle valtiberino).
Proprio la consapevolezza di tali limiti sembra, talvolta, aumentare il senso di una contraddizione: mentre coloro che vivono a pochi chilometri dalla diga di Montedoglio hanno difficoltà a trarre effettivo beneficio da tale impianto, l’acqua accumulata dalla stessa infrastruttura sarà prossimamente sempre più utilizzata in aree lontane. Nel progetto attuativo che l’EAUT (Ente Acque Umbro Toscano che gestisce l’impianto) ha definito per il completamento delle reti idriche infrastrutturali legate a Montedoglio, sono infatti previsti interventi che, usando l’acqua dell’invaso valtiberino, a breve porteranno al pieno raggiungimento dei seguenti obiettivi:
- miglioramento delle portate del Canale Maestro della Chiana;
- miglioramento idrologico dell’area chianina (l’acqua di Montedoglio rifornisce già questa zona, anche se al momento la disponibilità della risorsa è limitata da problemi di distribuzione);
- miglioramento delle portate minime del fiume Arno;
- ricambio idrico e miglioramento del bilancio idrologico del lago Trasimeno e dei bacini dei laghi di Chiusi e Montepulciano.
In definitiva, secondo quanto progettato e dichiarato dall’EAUT, a breve l’acqua di Montedoglio sarà distribuita in un bacino interregionale di oltre 400 mila abitanti, provvedendo al soddisfacimento dei fabbisogni idro-potabili, agricoli ed ambientali, ovvero quelli legati a mantenere gli equilibri degli ecosistemi, a partire da quello fluviale del Tevere che, comprensibilmente, non dovrà essere penalizzato in termini di portate.
Così come richiesto recentemente in consiglio comunale a Città di Castello da Emanuela Arcaleni (“Castello Cambia”), di fronte a questa lunga lista di utilizzi e in considerazione delle criticità ancora irrisolte, sarebbe forse utile stimare preventivamente i relativi fabbisogni e pianificare un sistema di adduzione che, tenendo conto delle differenti priorità di uso (idro-potabile, produttivo e di stabilità degli ecosistemi), possa già da ora regolare gli attingimenti in maniera equa, razionale e sostenibile.