Dire che dietro la distribuzione e la vendita di acqua ci sia un crescente business economico potrebbe risultare ovvio. Eppure, se ci si sofferma sull’entità di questa considerazione, quantificando i vari rincari e mettendo a fuoco i relativi importi, può darsi che non lo sia. Ad esempio, ogni qualvolta si consuma questa risorsa, abbiamo realmente cognizione di quanto spendiamo e di quali siano i margini di guadagno dei soggetti che operano nel settore per rendercela fruibile? Ragionando in termini di euro a metro cubo potrebbe quindi essere utile ricordare quanto segue:
- 1 mc di acqua grezza prelevata da Montedoglio costa 0,13 euro;
- 1 mc di acqua che arriva nelle nostre case mediamente costa 3,73 euro;
- 1 mc di acqua in bottiglie acquistate al supermercato costa circa 150 euro;
- 1 mc di acqua in bottiglie da mezzo litro acquistate al bar costa più di 2.000 euro (un po’ di meno, ma comunque sopra i 1.000 euro, presso i distributori automatici).
Questi numeri dimostrano quanto cambino gli importi di vendita di un bene che però sostanzialmente, non mutando la propria natura, rimane pressoché lo stesso senza incorporare un vero e proprio valore aggiunto. Le spese ovviamente ci sono, ed è giusto che siano riconosciute: ad esempio sarebbe impossibile attingere direttamente all’acqua di Montedoglio, berla e utilizzarla quotidianamente senza che qualcuno possa provvedere alla purificazione e alla distribuzione della stessa, nonché alla manutenzione della rete infrastrutturale. Se però si sposa l’assunto etico che l’acqua è un diritto da garantire a tutti, allora un aumento del 2.783% potrebbe risultare eccessivo, così come potrebbe essere opportuno ripensare ad un modello di gestione che, in linea con l’esito del referendum del 2011, possa riportare questa risorsa sotto il totale controllo pubblico, quindi al di fuori di qualsiasi obiettivo di profitto.
Nell’area aretina, ad esempio, dal 2013 al 2022 il costo a mc è aumentato di circa il 30%: considerando il fatto che il grosso di tale incremento è stato registrato in anni in cui il tasso d’inflazione era molto contenuto, la questione potrebbe apparire ancor più difficile da comprendere. È arduo infatti, per un cittadino, entrare nel merito di certe dinamiche, ma una cosa è certa: se il servizio fosse totalmente pubblico, anche se questo dovesse avere un costo analogo a quello attuale, gli utili potrebbero tornare integralmente a servizio della collettività.
Per l’acqua acquistata in bottiglia ovviamente il discorso è molto diverso: le società private che mettono in commercio questo prodotto devono infatti sostenere i costi di produzione dei contenitori, quelli di trasporto, distribuzione e promozione, di conseguenza certi rincari sono piuttosto comprensibili. Del resto consumare acqua attraverso bottiglie o bottigliette fa essenzialmente parte di una scelta che, per motivi di praticità, moltissime persone ogni giorno si trovano a compiere. L’alternativa, però, potrebbe essere facilmente messa a punto, a partire dalle scuole, dai luoghi di lavoro e dalle abitazioni private, rendendo più agevole e pratico l’attingimento alla rete idrica.
Su questo atteggiamento è dunque evidente che la società contemporanea ha sviluppato un approccio culturale rivolto al consumo inconsapevole e al facile ed immediato soddisfacimento di certi bisogni. Del resto questo talvolta avviene anche con gli snack, con le merendine ed altri prodotti di ampio consumo: risulta pertanto più facile ed istintivo acquistare una bottiglia d’acqua, dissetarsi e produrre un rifiuto di plastica, senza interrogarsi sugli effettivi costi di un bene che è alla base della vita, né sull’impatto ambientale prodotto dalla sua produzione, dal trasposto e dallo smaltimento del recipiente che lo contiene.
In definitiva, la scarsa considerazione nei confronti di tutto ciò contribuisce a rendere il business dell’acqua come uno dei più redditizi. Sarà dunque doveroso lavorare sulla cultura delle persone, possibilmente coinvolgendo i giovani nelle scuole, affinché una rinnovata coscienza possa diffusamente aiutare a scorporare l’inerzia pervasiva del lucro da un bene essenziale come l’acqua.