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Barriere architettoniche, la situazione a Sansepolcro

Pellegrini dell’Associazione Paratetraplegici: “Scarsa accessibilità e qualità urbana. Pochi i cambiamenti nel corso degli anni”

Chi vive a Sansepolcro, oppure vi si reca per motivi di lavoro, di svago o per turismo, si sarà senz’altro reso conto di quanto la cittadina sia poco accogliente per chi ha delle difficoltà motorie e non solo. Infatti, pur non avendo particolari barriere urbanistiche, presenta notevoli barriere architettoniche che la rendono poco inclusiva e di scarsa qualità urbana, riducendone le potenzialità a livello turistico.

Ma che cos’è esattamente la qualità urbana? A dire il vero non esiste una definizione esaustiva di qualità urbana, possiamo dire che è un insieme di requisiti capaci di valorizzare lo spazio urbano e di conferire benessere ai suoi abitanti e/o visitatori. È un concetto contenitore, fondamentale per mettere in luce i singoli elementi della cittadina, “in equilibrio fra tradizione ed innovazione, sfera privata e spazi collettivi, tra residenza e servizi e tra riposo e lavoro” (cit. arch. Zaffagnini).

La richiesta di qualità urbana è un’istanza relativamente nuova, che gioca un ruolo importante nello sviluppo delle città e nel renderle di esempio per tutte le altre comunità, affinché diventino luoghi di spazi pubblici accoglienti e sicuri, di incontro, di relazioni e crescita culturale e civica. Istanza della quale tutti gli amministratori dovrebbero farsi carico, utilizzando il massimo delle risorse per salvaguardare e potenziare le qualità ambientali, naturali e storiche delle quali fortunatamente Sansepolcro, fulcro della Valtiberina toscana, è già ricca.

L’accessibilità è uno degli elementi significativi della qualità urbana, connessa in sé con la libertà individuale, la libertà di movimento e di autodeterminazione, che sono diritti inviolabili della persona. Accessibilità, meglio ancora piena fruibilità degli spazi urbani e dei relativi sistemi per la mobilità, che si ottiene attraverso l’eliminazione di tutte le barriere architettoniche, a beneficio dell’intera collettività e non solo delle persone con disabilità. Infatti, le nostre città per essere pienamente vivibili dovrebbero essere a misura di tutti i cittadini, compresi disabili, bambini, anziani e in generale tutte le persone con le loro soggettività.

L’accessibilità, però, deve essere intesa non solo come abbattimento delle barriere architettoniche ma anche come superamento delle barriere invisibili, cioè dei pregiudizi culturali. Chi amministra una Comunità, infatti, dovrebbe avere tra le prime finalità proprio quella di educare i cittadini alla diversità e al rispetto della persona, per far sì che la Comunità stessa possa progredire diventando finalmente inclusiva, solidale e pronta a capire e accogliere le potenzialità e le novità che la diversità può offrire, giungendo a concepirla come un valore aggiunto. Tutto ciò potrebbe inoltre rinsaldare il legame tra i cittadini e quello tra loro e lo spazio urbano che li circonda, che sono fattori essenziali per la crescita sostenibile e la riqualificazione di ogni città.

La storia amministrativa di Sansepolcro, da quando è entrata in vigore la normativa sull’accessibilità ad oggi, purtroppo però ci dice che, pur cambiando le amministrazioni, il risultato rispetto alla medesima è cambiato ben poco. Non è bastato l’aggiornamento degli strumenti urbanistici, realizzato nel 2016 dall’amministrazione Frullani, che ha consentito a Sansepolcro di dotarsi del primo stralcio del PEBA (Piano Eliminazione Barriere Architettoniche) relativo al centro storico e ad alcune funzioni pubbliche limitrofe a tale zona, come previsto dalla normativa, che contiene la mappatura dell’esistente e la pianificazione degli interventi da attuare nel corso degli anni.

Ricordo di aver partecipato alla fase propedeutica dell’elaborazione di detto Piano (in qualità di rappresentante della Associazione Paratetraplegici Aretini APA), insieme all’architetto incaricato, ai dipendenti del Comune e ad un gruppo di studenti del Liceo Città di Piero, fase durante la quale sono state recuperate tutte le informazioni relative alle pre-condizioni di accessibilità di alcuni percorsi e di alcune strutture. Ripartendo da lì, sarebbe il momento di provvedere alla stesura degli altri due stralci, riguardanti gli ambiti della periferia urbana e delle frazioni.

Se da allora qualcosa è stato fatto relativamente all’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici, nulla è stato fatto per incentivare all’adeguamento le attività commerciali, le attività ricettive e tutti gli altri luoghi privati aperti al pubblico (per la maggior parte completamente inaccessibili), neppure in quei casi dove basterebbe soltanto dotarsi di una semplice pedana per risolvere il problema. Per non parlare dell’adeguamento degli spazi urbani al di fuori del centro storico, ancora tanto, troppo, indietro.

Eppure, come già detto sopra, il tutto avrebbe una positiva ricaduta anche dal punto di vista economico e del turismo accessibile e sostenibile. Ma come si può parlare di turismo in una cittadina priva di un servizio indispensabile come quello dei bagni pubblici? Questi sono indice del grado di civiltà di ogni luogo e il loro numero, unitamente ad altri servizi, è fondamentale per determinare il livello di accoglienza della cittadina stessa. La loro assenza crea enormi disagi per tutti, disabili e non, con conseguenze negative sul piano della decenza e del decoro urbano, specialmente la notte.

Qualche mese fa il Comune di Sansepolcro ha presentato un Piano di Rigenerazione Urbana della cittadina, supportato da un corposo finanziamento derivante dai fondi del PNRR. Voglio auspicare che tale rigenerazione non prescinda dalle indicazioni contenute nel Piano di Accessibilità del 2016, perché altrimenti sarebbe l’ennesima occasione persa per valorizzarla e per innalzarne la qualità urbana, lasciando un ambiente migliore e più inclusivo alle generazioni future.

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