La questione sta assumendo un interesse crescente, tenuto alto da chi è contrario alle pale eoliche, il quale teme a sua volta anche una concentrazione delle torri sui rilievi dell’Appennino a cavallo fra Toscana, Emilia Romagna e Marche. Non solo: “Se adesso le installano dalla parte di Badia Tedalda, un domani faranno altrettanto anche a Caprese Michelangelo, Anghiari ecc., per cui il nostro bel paesaggio sarà stravolto dalla presenza di questi impianti”, così la pensano coloro che di aerogeneratori non vogliono sentir parlare, anche se magari sostengono l’esigenza di far ricorso alla cosiddetta “energia pulita”. La loro convinzione è infatti quella che si tratti di un mero business a scapito di una zona incontaminata, che fa delle bellezze naturalistiche e paesaggistiche il suo cavallo di battaglia anche e soprattutto in chiave turistica.
C’è poi un rischio di ordine politico, ovvero che si vengano a creare rapporti più tesi fra le due Regioni, Emilia Romagna e Toscana: la prima ha già detto no, la seconda sembra propensa a dare l’ok, non dimenticando che in altre parti del suo territorio si ritrova gli stessi problemi sorti in alta Valmarecchia. Qui di eolico si parla da almeno 15 anni, con lo specifico argomento che in precedenza è più volte sparito e ricomparso nei radar (diversi i progetti bocciati), ma che da mesi è diventato di stretta attualità. È difficile, tanto via web quanto sulla carta stampata, che trascorrano due-tre settimane senza affrontare gli ennesimi sviluppi legati all’eolico e ai comitati che tornano alla carica. E allora, facciamo il punto della situazione.
Nove progetti per 52 pale
I progetti previsti per quella zona sono saliti a 9, per un totale di 52 pale eoliche alte 180 metri, ubicate tutte sulla dorsale appenninica e per larga parte in territorio toscano – con fulcro il Comune di Badia Tedalda – ma al confine con l’Emilia Romagna, che subirebbe in modo particolare l’impatto ambientale nel vedere il paesaggio modificato da queste torri. Due i comitati che sono sorti e che in forma esplicita stanno dimostrando la propria contrarietà: l’uno si chiama Appennino Sostenibile e l’altro Crinali Bene Comune. Sono tuttavia tre i progetti che hanno un iter avviato; gli altri si pongono di fatto in sovrapposizione, nel senso che insistono sullo stesso percorso e questo potrebbe creare contrasti fra le stesse ditte proponenti. D’altronde, la legge varata dall’ex premier Mario Draghi avrebbe tolto i pareri vincolanti della Soprintendenza, istituendo i crismi dell’emergenza e quindi dato via libera a chi vuole investire nell’eolico, alimentando una sorta di concorrenza in proposito.
In una recente intervista, il sindaco di Badia Tedalda, Alberto Santucci, era stato chiaro: “Come Comune, abbiamo stipulato le convenzioni soltanto per due impianti; gli altri non li conosciamo, né vi sono state persone venute da noi a illustrarli. Le convenzioni prevedono misure compensative per la nostra amministrazione, pari al 3% del fatturato e – aveva aggiunto – non vogliamo pale eoliche a 360 gradi, nel senso che da qualsiasi parte uno si gira dovrà vedere torri all’orizzonte. Insomma, sugli otto-nove parchi eolici non siamo d’accordo”.
Gli iter già avviati
Ed entriamo nello specifico dei due progetti ai quali Santucci fa riferimento. Il primo, quello più avanti con l’iter, è denominato “Badia del Vento” e si sviluppa a ridosso della linea di confine con l’Emilia Romagna, con posizionamento di 7 aerogeneratori, che dovrebbero estendersi per una lunghezza di 2950 metri a una quota compresa fra i 1045 e 1147 metri sul livello del mare nelle località di Monte Loggio, Poggio Val dell’Abeto e Monte Faggiola. Il versante è quello rivolto al territorio del piccolo Comune romagnolo di Casteldelci. Il secondo progetto si chiama “Poggio Tre Vescovi”, dal nome del monte alto 1127 metri fra il Fumaiolo e l’Alpe della Luna che divide i territori di Badia Tedalda e dei Comuni di Casteldelci e Verghereto, quindi un altro confine di regione. In questo caso, gli aerogeneratori previsti sono 11 (ma in origine erano addirittura 36) e la parte che lamenta deturpazioni dal punto di vista ambientale è quella di Le Balze, nel Fumaiolo.
Su “Badia del Vento”, trattandosi di una erogazione superiore ai 30 megawatt di potenza, la Regione Toscana dovrà esprimersi entro l’11 aprile, mentre il progetto “Poggio Tre Vescovi” è ancora sui tavoli del Ministero della Transizione Ecologica. Venendo al terzo progetto, quello chiamato “Passo di Frassineto”, c’è meno Badia Tedalda, più Pieve Santo Stefano e anche un pezzo di Sansepolcro. Le torri sono 7, spalmate lungo il crinale che si sviluppa da Poggio Sambuco a sud, fino a estendersi a circa 500 a nord rispetto al Passo di Frassineto; la lunghezza è di circa 2.160 metri fra una quota di 938 e 1.035 metri di altitudine: siamo vicini al valico di Viamaggio e a meno di tre chilometri dai nuclei storici di Poggio, Arsicci e Valdazze, dall’Eremo di Cerbaiolo e dalle aree naturali protette del Bosco di Montalto e dell’Alpe della Luna. Proprio la presenza di queste ultime potrebbe comprometterne la realizzazione.
Degli altri progetti conosciamo il nome ma niente di più: “Sestino”; “Poggio delle Campane”, “Poggio dell’Aquila” e “Monte Petralta”, che coinvolge anche i Comuni marchigiani di Borgo Pace, Mercatello sul Metauro e Carpegna. I comitati insistono poi anche su altri risvolti, vedi il sacrificio della parte di vegetazione che dovrà essere abbattuta per la realizzazione delle strade di collegamento con le pale e il conseguente rischio di dissesto idrogeologico. Insomma, la battaglia è aperta. Quanto appena esposto, potrebbe indurre a concludere che non siamo mai contenti, nel senso che da una parte ci riempiamo la bocca invocando fonti alternative di energia e dall’altra poi spariamo contro i relativi impianti perché sciupano il paesaggio. Qualcuno potrebbe allora replicare giustamente: “Ma questo eolico lo volete veramente?”. Come sempre, crediamo che la risposta più opportuna stia nel mezzo: l’energia pulita interessa – eccome! – ma con le pale sistemate in luoghi nei quali l’impatto può essere limitato al minimo ma senza un inutile inflazionamento degli aerogeneratori, come si può riscontrare in altre parti d’Italia. Tanto più che la metà delle eliche nemmeno girano: così non andrebbe di certo bene.