Albert Kesselring, comandante delle forze armate germaniche in Italia, ordina ai suoi ufficiali di agire con la “massima durezza” per stroncare il movimento partigiano. “Alla minima azione contro i soldati tedeschi” – afferma – “verranno adottate le contromisure più drastiche”. E assicura: “Io proteggerò quei comandanti che dovessero eccedere nei loro metodi di lotta ai partigiani”.
Quel 7 aprile, in un rastrellamento nazi-fascista presso Verghereto, 15 partigiani e 30 civili vengono uccisi a Fragheto di Casteldelci. L’adozione di misure così violente, anche contro la popolazione, sta a significare che la Resistenza al nazifascismo comincia a dare parecchio fastidio. Avviene pure nell’Alta Valle del Tevere. Con l’arrivo della primavera le bande partigiane, sebbene ancora prive di una comune strategia, passano all’azione. Vengono disarmati i presidi della milizia fascista a Caprese Michelangelo e a Bocca Serriola; e nei territori di Città di Castello, Sansepolcro, Badia Tedalda, Pietralunga e Apecchio si susseguono numerose incursioni partigiane per requisire grano e generi di prima necessità. Servono per la sopravvivenza degli uomini alla macchia, ma vengono pure distribuiti alla popolazione rurale, che mostra di gradire questi “espropri proletari”. Sono le stesse autorità fasciste ad ammettere la crescente pericolosità dei partigiani. A preoccupare i tedeschi, però, è soprattutto l’insicurezza delle comunicazioni lungo le strade appenniniche, che disturbano il flusso dei loro convogli. Ecco il perché dell’ordinanza di Kesselring, che comunque non frena l’attività partigiana.
Per approfondire: Storia tifernate. L‘offensiva tedesca e lo strumento del rastrellamento.