Una raccomandazione che molti genitori facevano ai figli di questi tempi e che per essi suonava come uno spauracchio: “Stai attento, perché fuori c’è il solleone!”. Come dire che una esposizione eccessiva al sole, o anche senza protezione, avrebbe potuto provocare qualche problema. In particolare uno: il colpo di sole o insolazione. È il rischio principale che si corre in giornate caratterizzate dalle alte temperature e con il sole che picchia forte. Il solleone si chiama così per un semplice motivo: perché il sole entra nella costellazione del leone e quindi il mese esatto di durata è quello che va dal 23 luglio al 22 agosto. Solleone è pertanto il risultato dell’abbinamento fra queste due parole: sole e leone.
È chiaro poi che l’accostamento al gran caldo diventi scontato, perché siamo in quello che è tradizionalmente il mese più torrido dell’anno (anche se nel 2024 i tempi sono stati anticipati), per cui con il tempo la parola solleone – al di là della sua etimologia – ha subito una sorta di evoluzione nel significato, diventando sinonimo di gran caldo o di canicola. Quando insomma si sente pronunciare la parola “solleone”, il primo pensiero è al caldo opprimente e alla paura di esporsi al sole, non certo al fatto che il sole entra nel mese accompagnato dal segno del leone. Diciamo però che alla fine entrambi i significati si supportano a vicenda.
Di certo, il mese attuale è quello nel quale bisogna fare più attenzione del solito ai raggi del sole e avere gli accorgimenti che andiamo ripetendo da tempo, come quello (possibilmente) di non uscire nelle ore più calde, né tantomeno in esse di praticare attività sportiva. Morale della favola: rispettiamo i consigli senza farci impaurire dalla pronuncia della parola “solleone”. Per ciò che riguarda il risvolto meno auspicato, ovvero l’insolazione, questa è il frutto – come ricordato – di una eccessiva e prolungata esposizione: i sintomi classici sono il mal di testa e il senso di vertigine, non dimenticando che spesso si va incontro anche a brevi perdite di coscienza. Se poi esponiamo il corpo al sole per la tintarella ma non ci proteggiamo adeguatamente con le apposite creme, il rischio è quello di procurarsi ustioni. Piccolo consiglio: se la crema protettiva è la soluzione più indicata per la pelle, mettersi un cappellino in testa (specie chi è calvo) potrebbe diventare una buona forma di prevenzione dell’insolazione. Il rimedio per il colpo di sole in spiaggia non è certo quello di ripararsi sotto l’ombrellone, perché i raggi filtrano ugualmente e la temperatura rimane elevata, al punto tale da far rischiare il colpo di calore, diverso dal colpo di sole. Gli unici sistemi efficaci sono allora quelli di andare a cercare un luogo rinfrescato e di bere per recuperare i liquidi persi.
Caldo torrido ma secco, afoso uguale umido
Un’altra disquisizione dialettica di natura tipicamente… estiva riguarda l’aggettivo che connota il caldo, per il quale forse da tempo stiamo forse (e ripetiamo “forse”) girando tendenzialmente attorno a un equivoco. Per risolverlo, bisognerebbe porre la seguente domanda: è più insopportabile il caldo torrido oppure quello afoso? Spesso sentiamo dire anche in televisione, durante le previsioni meteo, che l’Italia sarà invasa da un’ondata di caldo torrido e allora – forse anche per l’impatto fonico che esercita la parola stessa, cioè “torrido” – siamo portati a pensare che sia il massimo del caldo e che magari non si possa nemmeno toccare il piede per terra, perché il rischio è quello di bruciarsi. In effetti, è un caldo quasi bruciante ed è il caldo dei deserti, con temperature fra i 35 e i 40 gradi, ma è un caldo secco, con tassi di umidità inferiori al 25-30%, per cui non viene percepito come tale. Al contrario, il caldo afoso è un caldo umido ed è quello che per tutti diventa insopportabile e soffocante: magari, le temperature vanno dai 30 ai 35 gradi, però i tassi di umidità sono più alti e arrivano dal 50% al 70%. La percezione è pertanto maggiore. Siamo davanti al caldo appiccicoso, che è il più difficile da gestire.
Al caldo torrido il corpo risponde con la sudorazione, quindi con la evaporazione dalla pelle, che si rinfresca se le molecole di acqua del sudore passano nell’aria velocemente, ma ciò è possibile solo se l’aria è più secca, se cioè ha poche molecole di vapore acqueo in sospensione. Con il caldo afoso, invece, l’evaporazione del sudore è assai minore e persino assente, o quasi, con un tasso di umidità superiore al 90%. Risultato: il corpo non si rinfresca e la sensazione di caldo aumenta. Più la temperatura corporea sale, più cuore e polmoni ne risentono: si affaticano e, quando la temperatura del corpo raggiunge i 42-43 gradi, questo può andare in ipotermia e portare al collasso, ma anche all’arresto cardiaco nei casi più gravi. Con il caldo afoso, l’aria umida rende più difficile la respirazione: il vapore acqueo toglie infatti una piccola quantità di ossigeno all’aria. Il corpo è costretto a compiere uno sforzo maggiore per far entrare la stessa quantità di ossigeno, per cui cresce la sensazione di affaticamento. Risultato: con un tasso di umidità al massimo, una temperatura di 35 gradi può portare problemi alla salute, mentre è possibile sopravvivere con 50 gradi di temperatura se il clima è secco. Sembra un paradosso, ma è la verità.