Più gente che in passato, domenica 18 agosto a San Giustino, per la commemorazione degli 80 anni dalla morte di Pasquale Crociani e di Ortensio Gabrielli, uccisi dai tedeschi in ritirata durante la seconda guerra mondiale. In prima fila, la sezione Anpi di San Giustino con la presidente Mari Franceschini e i rappresentanti di tutte le associazioni combattentistiche, oltre al sindaco Stefano Veschi e a una larga rappresentanza di giunta e consiglio comunale. La tromba di Alessandro Guadagni ha eseguito il silenzio e l’inno di Mameli.
La prima cerimonia di deposizione della corona di alloro si è tenuta alle 9.30 in largo Crociani, intitolato proprio al 40enne colono giustiziato al Roccolo. Era presente la nipote Monica Crociani, che ha ricordato il nonno paterno – mai conosciuto di persona – attraverso i racconti dei genitori. “Mio nonno e altri giovani si erano recati al Roccolo perché sapevano di questo avamposto tedesco – ha detto Monica – e lui era uno di quelli sempre in prima fila, vestito con una camicia bianca; lo hanno visto e non hanno esitato nel fare fuoco. Mio padre rimase orfano a soli 13 anni e – con una punta di garbata polemica – qui a San Giustino promisero a mia nonna che avrebbero trovato un lavoro a mio padre, cosa che però non avvenne. Mio padre fu allora costretto a emigrare a Genova, dove ha poi iniziato una bella carriera in Polizia”.
Al Parco del Roccolo, sul punto esatto nel quale morì Crociani, è stata deposta la seconda corona e sulle targhe presenti non c’è soltanto il nome di Pasquale Crociani. Il professor Paolo Bà, in quel tremendo 18 agosto 1944, perse il padre Arturo, he aveva 56 anni e la sorella Alma di appena 15. “Vedemmo i partigiani scendere verso il Roccolo perché c’erano i tedeschi – ha spigato il professor Bà – poi si udirono gli spari, quindi il silenzio e subito dopo due tedeschi che salirono verso il colle. Noi scappammo e andammo a Cospaia, mio padre e mia sorella salirono invece al colle e rimasero lì, dove si imbatterono nei tedeschi, che nel pomeriggio iniziarono a bombardare, sfondando la casa. Oltre a mio padre e a mia sorella, morirono anche Maria Quartucci di 39 anni e Antonia Comanducci, che di anni ne aveva 15 come mia sorella”.
Terza e ultima tappa della mattinata a Ca’ di Ghezzi, vicino a Valdimonte, dove un anno fa era stato collocato il cippo che ricorda il sacrificio di Ortensio Gabrielli, l’81enne del posto che rifiutò di lasciare la propria abitazione per essere portato dai tedeschi nelle Marche assieme agli altri residenti e che per questo motivo ci ha rimesso la vita. Tre giovani ragazzine del posto – un gesto di alto significato – hanno aiutato il sindaco Veschi a deporre la corona, prima del rinfresco offerto agli intervenuti dalla comunità locale. “Abbiamo il dovere di ricordare chi ha dato la vita per la democrazia e fare in modo che il nostro Paese avesse una costituzione – ha detto la presidente Franceschini dell’Anpi locale – e questo ci deve mettere la giusta energia dentro in un momento nel quale si parla ancora di guerra nel mondo. La pace è il bene più prezioso ed è anche il presupposto di tutti i diritti”, ha concluso.
Anche a Ca’ di Ghezzi ha parlato una parente di Gabrielli, Donatella Bologni, e molto apprezzato è stato l’intervento dei discendenti delle vittime, che ha senza dubbio arricchito la scaletta della domenica. Alla luce anche del successo ottenuto, l’amministrazione comunale di San Giustino ha intenzione di lavorare sulle rievocazioni a seguire, per fare in modo che la memoria storica rimanga sempre viva. E sull’argomento, uno specifico progetto è stato avviato dal neo-consigliere comunale Carlo Pieracci.