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È nato il comitato referendario di San Giustino e Citerna contro l’autonomia differenziata

“Ora dobbiamo fare una capillare opera di informazione sul territorio, perché stavolta il voto avrà un peso enorme”, ha detto Mari Franceschini di Anpi

È nato il comitato referendario di San Giustino e Citerna contro l’autonomia differenziata. La presentazione è avvenuta martedì 3 settembre scorso nell’incontro appositamente organizzato a Pistrino di Citerna nella palazzina dei servizi sociali. In prima linea, la sezione Anpi dei due Comuni con la presidente Mari Franceschini che ha svolto il ruolo di iniziale coordinatrice, andando subito al punto chiave: “Diventa necessaria una capillare opera di informazione ai cittadini – ha detto – perché debbano comprendere con esattezza i termini della questione e le conseguenze che vi saranno nel nostro Paese. La scelta di andare a votare per il “sì” o per il “no”, oppure di rimanere a casa, deve essere comunque frutto di una consapevolezza acquisita – ha sottolineato – per cui serve un lavoro capillare nel territorio, anche se abbiamo mantenuto i collegamenti con le strutture regionali e provinciali delle realtà, delle associazioni e dei partiti politici favorevoli alla consultazione e all’abrogazione della legge. Riteniamo infatti che la rete debba essere forte, quindi il nostro comitato è composito. L’importanza di questo referendum è che stavolta il voto ha importanza decisiva, ovvero ci si baserà sull’esito referendario, al contrario di ciò che a volte è avvenuto in passato. Un voto che quindi rivestirà un peso enorme”.

Diversi gli interventi da parte di chi ha aderito al comitato, sia a titolo personale che in rappresentanza di associazioni o partiti. La legge – come noto – conferisce alle Regioni che chiedono l’autonomia differenziata una vasta quantità di competenze, tagliando fuori lo Stato su materie fondamentali fra cui sanità, scuola, grandi infrastrutture, tutela dell’ambiente e politica energetica. Il comitato ricorda come l’autonomia differenziata svuoti di poteri il Parlamento e ignori i Comuni, consegnando un potere enorme e squilibrato ai presidenti regionali e togliendo allo Stato le risorse, trasferendole alle Regioni che usufruiscono dell’autonomia differenziata. Quali le conseguenze, sempre a detta del comitato referendario? Leggi diverse e contradditorie fra le Regioni; diritti maggiori o minori per i cittadini in base alla regione di residenza e sistemi sanitari diversi, alcuni più finanziati altri meno e persino una scuola diversa a seconda della Regione, con uno scacco alla scuola pubblica nazionale. I fautori del referendum individuano poi altre conseguenze: la diminuzione del potere contrattuale dell’Italia a Bruxelles, vista l’impossibilità di proporre – ad esempio – un piano articolato di infrastrutture nazionali e la frantumazione del sistema di servizi e infrastrutture nel Paese, con ripercussioni nelle stesse regioni del Nord, che avranno difficoltà nei mercati del Mezzogiorno e della stessa Unione Europea. Il timore è quindi quello di un peggioramento dei servizi sociali, del lavoro, delle imprese e della vita quotidiana; di una rottura dell’unità del paese e di un aumento delle diseguaglianze, in netta contraddizione con i principi della Costituzione, che stabilisce come la Repubblica sia “una e indivisibile”, chiamata a perseguire l’eguaglianza dei cittadini e a imporre il dovere della solidarietà.

Fra le adesioni al comitato, oltre ad Anpi si registrano quelle di Legambiente, Libera, Acli, Arci, Psi 21, Psi, Pd, Rifondazione Comunista, Libertà e Giustizia, Democrazia Costituzionale, Cgil, Uil, Micropolis, Studenti Medi, Movimento 5 Stelle, La Via Maestra, Citerna Risorsa dell’Umbria, Insieme Possiamo, San Giustino Partecipa e poi Claudio Serini, Cristina Tappini e Filippo Scarselli.

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