Azioni di emergenza insufficienti, mancanza di prevenzione, indennizzi in ritardo e inadeguati.
La Cia Umbria ritiene insufficienti per contenere gli ingenti danni alle colture, le misure approvate dalla Giunta della Regione Umbria per l’emergenza cinghiali. Così il Presidente Brugnoni: “non è certamente solo con la riduzione del termine da 48 a 12 ore per l’attivazione degli interventi fino al 30 settembre, che in Umbria si può arginare la drammatica piaga dei danni alle colture da cinghiale”.
La gestione degli ungulati e della fauna selvatica in generale, è ormai in Umbria e in molte regioni del centro Italia, fuori controllo sia perchè colpisce gravemente l’agricoltura sia perchè arreca danni irreparabili al paesaggio e all’ambiente oltre che all’incolumità pubblica.
La Cia dell’Umbria considera necessarie, a tal proposito, misure immediate e mirate di contenimento quali l’adozione straordinaria fino al 28 febbraio prossimo, come deliberato in questi giorni in Toscana, della ‘braccata’, intervento urgente ed efficace per far fronte all’invasione di cinghiali nelle aree coltivate anche conseguenza dell’emergenza siccità.
La Cia chiede poi che si metta mano definitivamente ad una Pianificazione strategica di gestione di medio e lungo termine per il contenimento delle specie dannose con misure certe a garantire una risolutiva e duratura azione di prevenzione.
Gli agricoltori, -afferma il presidente Brugnoni- considerato l’enorme proliferare dei danni, chiedono alla Regione inoltre un impegno serio per superare il problema del regime de minimis introdotto dalla normativa europea sui danni causati dalle specie cacciabili, che fissa un tetto massimo risarcibile ad Azienda a triennio di soli 15mila euro.
“Oltre il danno anche la beffa -continua Brugnoni- la Regione deve pagare ancora agli agricoltori gli indennizzi delle annate 2014, 2015 e 2016 : servono risorse certe, procedure chiare e maggiore tempestività nei risarcimenti, con metodi di valutazione più adeguati ai reali danni riportati dalle aziende”. Molto spesso le produzioni devastate come la fagiolina del Lago, le lenticchie di Castelluccio, le patate di Colfiorito, il farro o i ceci biologici del Parco del Monte Cucco etc., sono, non solo le eccellenze dei territori umbri, ma le uniche colture che assicurano reddito alle Aziende agricole delle aree più interne e marginali. “Se si vuole contrastare l’abbandono di intere zone dell’Umbria vanno adottati interventi incisivi di prevenzione dei danni e di sostegno alle produzioni e alla zootecnia”, dichiara la Presidente dei giovani agricoltori Clelia Cini che tiene a sottolineare, a proposito della Regione che “stare a fianco degli agricoltori significa adottare azioni e misure utili per il settore e non sventolare per convenienza le bandiere”.
La Cia rivolge, infine, un appello ad affrontare anche la problematica non più rinviabile legata all’aumento della popolazione dei lupi sul territorio regionale: attacchi continui ad animali giovani o di piccola taglia ma anche a vacche e fattrici equine, con una padronanza di interi territori, quali il Monte Peglia, dove si spingono fino ad avvicinarsi a case e stalle per compiere la loro attività predatoria. È necessario pertanto che la Giunta regionale adotti misure specifiche per il monitoraggio ed il controllo di questa specie per ridurne i danni all’attività agrozootecnica e intervenga anche a livello ministeriale per modificare una normativa di sola protezione della specie che, considerato il numero attuale dei lupi in Italia, appare superata e anacronistica.