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Raccolta differenziata: questione di educazione, ma non solo

Perché i comuni della Toscana centrale surclassano sistematicamente quelli più distanti dai centri principali?

È risaputo che i dati sulla raccolta differenziata (RD) incidono direttamente sulla TARI e questo si deve sia ai crescenti costi di smaltimento, sia ai sistemi bonus-malus che sono stati messi a punto negli ultimi anni per favorire comportamenti virtuosi. Ne consegue che la differenziazione dei rifiuti non risponde soltanto ad un principio etico ed ecologico, ma anche ad una più concreta esigenza di natura economica. Alla luce di ciò, può dunque essere sensato interrogarsi sui possibili motivi che in termini di RD creano un netto divario tra i comuni della Toscana centrale e quelli montani, o comunque più distanti dai principali centri regionali.

Su un valore medio del 64,13% di rifiuti differenziati, si possono infatti ben distinguere le punte massime che superano il 75%, da quelle minime che si collocano sotto il 45, o addirittura il 25%: in linea di massima le prime si trovano nella parte centro-settentrionale della regione, lungo le principali vie di comunicazione, o comunque in prossimità delle maggiori aree urbane, mentre le seconde si situano nelle zone più periferiche dei territori appenninici, o delle colline interne (oltre che in alcune fasce costiere in cui la morfologia ed il fenomeno turistico non aiutano ad adottare strutturalmente alcune specifiche modalità di conferimento).

Indubbiamente quando si parla di raccolta differenziata un ruolo di primaria importanza è esercitato dalla sensibilità e dall’educazione dei cittadini, di conseguenza viene subito da chiedersi se davvero chi abita in certe aree abbia atteggiamenti meno virtuosi e casomai perché. La risposta a questi quesiti è certamente ardua, se non impossibile. È invece relativamente più semplice soffermarsi sulla concretezza di alcune altre variabili che incidono altresì sulla performance della RD. Innanzitutto bisogna prendere in esame il fatto che nei comuni più periferici, in cui la densità demografica è bassa ed articolata in piccoli insediamenti, non è facile attivare modalità di raccolta che potrebbero favorire la differenziazione dei rifiuti: si pensi ad esempio al porta a porta, o anche alla semplice organizzazione del ritiro delle diverse frazioni di rifiuti laddove prevale il modello insediativo delle case sparse. In tali contesti sarebbe davvero dispendioso attivare certi servizi, oltre che poco ecologico qualora i mezzi di ritiro si dovessero trovare a compiere lunghi tragitti per svuotare i cassonetti (senza considerare che in alcune località montane alcuni veicoli potrebbero avere persino difficoltà ad arrivare).

Oltre a questo, c’è un’altra variabile che indubbiamente interviene sulla quota di RD di certi comuni: la raccolta dell’organico. Secondo l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) quest’ultima frazione in Italia rappresenta mediamente il 39% del totale dei rifiuti prodotti. In considerazione di tale dato diventa dunque interessante rilevare che molti piccoli comuni montani non raccolgono tale tipologia di rifiuto. Non lo fanno per i motivi spiegati sopra, ma anche perché spesso nelle aree di campagna è ancora possibile smaltire l’organico (dai resti di cibi, fino agli sfalci e ai residui delle potature) in maniera autonoma attraverso compostiere o concimaie domestiche. Per questi casi sarebbe possibile ottenere un relativo punteggio aggiuntivo per integrare, in maniera commisurata alla stima dell’organico smaltito autonomamente, la percentuale di RD: per arrivare a ciò si deve però prima provvedere ad effettuare un censimento dei “compostori” che nel corso degli anni dovranno anche essere controllati dai comuni stessi, o – previo pagamento – dal gestore del servizio. In definitiva sono dunque poche le amministrazioni che decidono di avviare tale procedura e questo non può che creare ripercussioni negative sul valore della RD.

In Valtiberina, ad esempio, nel 2021 Caprese Michelangelo e Monterchi non hanno, secondo l’ISPRA, raccolto e differenziato rifiuti organici, mentre a Sestino (che però non è parte del’ATO Toscana Sud) gli stessi sono stati soltanto il 7,9% della RD. Nello stesso anno dati analoghi sono stati registrati anche in altri comuni montani della provincia di Arezzo, come Castel Focognano (dove l’organico raccolto ha rappresentatore soltanto l’1,3% del tot. RD), Castel San Niccolo (organico=0,3% del tot. RD), Chitignano (organico=7,7% del tot. RD) e Pratovecchio-Stia (organico=1,2% del tot. RD).

Un altro dato che non aiuta i comuni piccoli e montani è, tendenzialmente, la scarsa diffusione in certi territori di attività industriali che smaltiscono grandi quantità di rifiuti speciali. L’entità di questi ultimi, se opportunamente comunicata all’Agenzia Regionale Recupero Risorse (ARRR), concorre infatti ad aumentare la percentuale di RD: non a caso nei centri più grandi sono quasi sempre maggiori i quantitativi di rifiuti da costruzione e demolizione, i metalli e il cartone che normalmente viene conferito dai magazzini e dalla grande distribuzione.

In conclusione quando si parla di raccolta differenziata sono tante le analisi da fare e pertanto sarebbe doveroso, nel limite del possibile, includere nelle relative valutazioni anche le peculiarità dei vari territori, oltre che un’imprescindibile, legittima – ma non totalmente risolutiva – urgenza di incrementare la sensibilità delle persone.

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