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Cambiamento climatico e gestione idrogeologica del bacino che alimenta Montedoglio

Nonostante alcuni interventi svolti, la situazione richiede nuove strategie e maggiori investimenti

Negli ultimi anni la frequenza degli eventi meteorologici intensi è obiettivamente aumentata e ciò non può non provocare ripercussioni anche sull’equilibrio idrogeologico di alcuni bacini. Tale riscontro è ormai talmente assodato che nella sua relazione di fine anno il direttore generale del Consorzio di Bonifica 2 – Alto Valdarno, Francesco Lisi, ha annunciato di voler incrementare del 10% la copertura economica che servirà a sostenere una misura crescente di interventi sul territorio di competenza dell’ente. Se da un lato questo può essere letto come un dato abbastanza significativo, dall’altro è innegabile che la soluzione prevista non riuscirà a risolvere compiutamente certe criticità strutturali che oggi si manifestano in alcune zone.

Tra queste ultime rientra sicuramente l’area che, dal confine regionale con l’Emilia-Romagna fino all’invaso di Montedoglio, comprende il tratto alto del fiume Tevere e tutto il suo relativo bacino idrografico: qui da anni si riscontrano problemi di gestione idrogeologica e forestale che stanno contribuendo ad intensificare i processi erosivi dei vari corsi d’acqua. Tale situazione è stata più volte segnalata da studiosi, amministratori ed altre personalità del territorio che hanno in passato evidenziato problematiche che quasi sempre sono riconducibili ad una scarsa manutenzione figlia, a sua volta, di un carente assetto gestionale.

Come riportato in una recente pubblicazione che raccoglie gli atti del convegno tenutosi a Pieve Santo Stefano il 7 maggio 2022, le criticità riguardanti il bacino del Tevere nella sua parte alta sono molteplici: gli interventi del compianto prof. Adriano Gradi e degli esperti Vincenzo Gonnelli e Claudio Nocentini, ricostruiscono analiticamente un quadro che in primo luogo risente fortemente della carente manutenzione delle briglie e degli argini, nonché della ripulitura e del consolidamento degli alvei. Oltre a questo, i contributi si soffermano anche sui versanti e sul fatto che in alcuni punti il patrimonio boschivo sia da tempo sottoposto a degrado e regressione: tutto ciò andrebbe quindi a ridurre la capacità del suolo di assorbire e trattenere l’acqua, aumentandone l’erosione e la franosità.

La difficoltà ad intervenire sulla prima tipologia di problemi sono derivate dal fatto che l’ente preposto ad effettuare manutenzione, il Consorzio di Bonifica, non riesce a svolgere costantemente tutti gli interventi necessari: a mancare è dunque un progetto organico e massiccio che possa garantire una pianificazione di lungo corso. Come ricorda il Sindaco di Pieve, Claudio Marcelli, il piano di gestione dell’invaso di Montedoglio dovrebbe essere lo strumento attraverso il quale intervenire anche sul bacino da cui si generano i corsi d’acqua che alimentano il lago: “Quando si parla di Montedoglio ci si sofferma quasi sempre solo sulle dinamiche che riguardano i territori a valle della diga. Sarebbe invece importante prendere in esame anche quanto accade a nord della stessa, dato che i processi erosivi del bacino a monte portano mediamente ogni anno 148 mila metri cubi di materiali litoidi sul fondo dell’invaso. Per la salute del lago artificiale – continua Marcelli – sarebbe dunque doveroso redigere un progetto di lungo corso che possa portare allo stanziamento di risorse da impiegare negli interventi necessari a mantenere un equilibrio. Purtroppo per questo manca ancora un soggetto che possa fungere da referente, dato che l’EAUT si occupa soltanto della gestione dello sbarramento, mentre il Consorzio di Bonifica, al di là di alcuni interventi puntuali, non ha modo di effettuare un più complesso lavoro di programmazione. In un’ottica futura potrebbe pertanto essere utile costituire, assieme agli altri comuni rivieraschi, un consorzio che possa assolvere efficacemente a questi compiti.”

Anche per ciò che riguarda la gestione del patrimonio boschivo al momento si registra un problema analogo, ovvero quello che gli enti a cui dovrebbe essere affidata un’opera di costante manutenzione ordinaria, non sono in grado di garantire una programmazione analitica degli interventi da attuare. “Accade così – conclude Marcelli – che nonostante l’impegno e la disponibilità, la scarsità cronica di risorse impedisce al Corpo Forestale dello Stato, all’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali e all’Unione dei Comuni della Valtiberina Toscana di intervenire in maniera ingente ed efficace come la situazione richiederebbe. Anche su questo fronte sarà dunque necessario predisporre un progetto che sia in grado di tutelare un territorio che, a causa della sua vulnerabilità, richiede cure ed interventi continui.”

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