Il Palio della Balestra è una componente così radicata nella storia di Sansepolcro che anche la definizione di “rievocazione” non viene considerata come quella più appropriata. Il Palio è allora semplicemente “storia”, punto e basta. Un appuntamento che si perpetua da secoli e che, salvo rarissime eccezioni, è sempre andato in scena: così è di sicuro dalla metà del XV secolo, ma fonti storiche attendibili garantiscono che già si svolgesse in precedenza, facendo leva su antichi scritti nei quali si parla di “Palio solito”.
Le dominazioni subite nel secolo precedente (Tarlati, Città di Castello e Malatesta), in quanto realtà di confine, avevano consigliato a Sansepolcro di tenersi “allenata” a livello militare. Furono i Malatesta a creare un corpo stabile per la difesa della città, istituendo un dazio per la balestra: mancando un luogo fisico nel quale essere depositate, le singole balestre – 113 in totale – vennero consegnate ad altrettanti residenti nel 1416. Anche la famiglia di Piero della Francesca era una delle assegnatarie dell’arma e sotto i Malatesta la città di Sansepolcro aveva acquisito un notevole prestigio dal punto di vista militare ed economico.
Dal 1429 al 1441, il Borgo torna sotto lo Stato della Chiesa per poi passare alla Repubblica Fiorentina a seguito del prestito di 25mila fiorini d’oro elargito a papa Eugenio IV, che aveva dato in pegno Sansepolcro. Ed è proprio a questo periodo che risalgono le prime notizie sul Palio: i Fiorentini non fanno altro che prendere atto delle tradizioni già esistenti, compreso il Palio delle calende di Settembre, che era nato per l’addestramento dei balestrieri qualora vi fosse stato bisogno del loro intervento, poi invece si trasformerà in un appuntamento dedicato al divertimento e allo spettacolo. Il pezzo di lana rosso per confezionare un abito, appunto il Palio (da “pallium”), è il premio per il vincitore e per il quale viene impegnata una cifra. Alle feste di inizio settembre in onore di Sant’Egidio, fondatore della città assieme all’altro pellegrino Arcano, risale dunque la tradizione del palio con la balestra, arma che diventa simbolo del Borgo, città sempre pronta per difendere la propria indipendenza. Nel 1453, Piero della Francesca torna a Sansepolcro per prendere possesso di una delle 160 balestre di proprietà del Comune e gareggia nel Palio.
E si giunge al 1520, l’anno nel quale Sansepolcro acquisisce la titolarità della diocesi e quindi viene elevata a città. La data storica nella quale papa Leone X sancisce la creazione della nuova diocesi è il 17 settembre 1520, anche se poi la comunicazione arriverà a Sansepolcro il giorno 23; il 6 e il 7 ottobre, i Magnifici Conservatori e il Consiglio dei Sessanta del Popolo stabiliscono che anche il 23 settembre, per ricordare l’evento che ha permesso a Sansepolcro di avere un vescovo tutto suo, si sarebbe dovuto disputare un Palio, il cui premio era un panno con il quale ricavare un paio di calze. Nel frattempo, la balestra si era scrollata di dosso la fama di arma terribile, perché era già iniziata l’era delle armi da fuoco e quindi l’uso della balestra è legato all’organizzazione di giochi e gare fin dal 1500. Ecco allora che prendono il via le sfide fra le città e Sansepolcro inizialmente gareggiava con Città di Castello, come riportato nei documenti datati 1519 e 1630. Il luogo scelto per tirare non è una piazza come oggi, bensì le strade, anche se subentrano ben presto le difficoltà causate dal pessimo stato in cui versa il relativo fondo. Il problema viene risolto con lo spostamento in piazza San Francesco, che diventa sede fissa di svolgimento della competizione e lo sarà fino al 1950. Fra gli spettatori illustri del Palio c’è il granduca Cosimo II de’ Medici, festeggiato al suo arrivo in città il 27 settembre 1612; in suo onore, viene disputato un Palio straordinario al quale lui stesso vuole partecipare, dimostrando peraltro grande abilità; ed è sempre lui a disporre che da quel momento in poi venissero stanziate 100 lire per il Palio provenienti dalle gabelle comunali.
Altri importanti documenti, dal 1619 al 1622, testimoniano le sfide con i tiratori di Gubbio, invitati da quelli di Sansepolcro. L’anno 1622 è a suo modo particolare, poiché certifica in una circostanza esterna il ruolo determinante esercitato proprio dalla città pierfrancescana: i balestrieri di Gubbio vengono infatti invitati ad Assisi per gareggiare e rispondono di sì, a patto che “si rispetti l’usanza del Borgo”. Come dire, in altre parole, che Sansepolcro avrebbe dettato le regole del gioco e crediamo che queste riguardino soprattutto le distanze. Regole che 46 anni più tardi, nel 1668, sarebbero state riportate per iscritto nei “Capitoli da osservare nel tirare con la balestra per il palio solito” e che tuttora, a distanza di oltre 350 anni, continuano a rimanere valide.
Il Palio della Balestra di Sansepolcro è ai primi posti nazionali fra le rievocazioni dotate di storicità, prestigio e rigore filologico, per cui sotto questo profilo è sullo stesso piano di altre giostre e manifestazioni più conosciute. Se ne facciamo una questione di origine, poi, è una fra le più longeve in assoluto e da sempre si è mantenuta fedele alle regole, nonostante i miglioramenti apportati a livello di tecnologia e costruzione abbiano reso oggi la balestra più potente e precisa, per cui occorrerebbe spostare il bersaglio ben oltre i 36 metri. L’unicità del Palio della Balestra (divisa con l’altro Palio fra le vecchie Repubbliche Marinare) è quella di non essere una sfida fra quartieri o rioni, ma fra città diverse: nello specifico, due realtà distanti fra di esse 65 chilometri, l’una in Umbria e l’altra in Toscana, che da secoli si rinnovano amicizia e fratellanza nello spirito cavalleresco che le rende rivali al tiro. Gubbio e Sansepolcro sono a pieno titolo le grandi ereditarie della tradizione della balestra antica all’italiana o balestra da banco, o anche balestra “grossa”. È un riconoscimento che proviene dalla storia, nel senso che, quando presero il sopravvento le armi da fuoco, in queste due città si continuò comunque a tirare con la balestra e in nome dei rispettivi santi protettori; a Gubbio e a Sansepolcro, quindi, non vi sono mai state interruzioni nell’attività. La stessa San Marino, da considerare pur sempre un’altra grande ereditaria della nobile arte, ha conosciuto una breve parentesi di stop immediato con l’avvento delle armi da fuoco, poi però ha rispolverato la balestra senza più abbandonarla.
Lo abbiamo già sottolineato: palii e tornei servivano per tenere allenate le milizie in tempo di pace e quindi non vi sarebbe nulla di cui stupirsi se in occasione delle calende di Settembre fossero venuti a Sansepolcro anche balestrieri di altre città. In base a questa fondata ipotesi, potrebbe essere benissimo nato il palio con Gubbio. Il documento più antico in proposito risale al 1594, ma – secondo fonti attendibili – l’origine di questa gara sarebbe antecedente. Ritrovata anche una lettera datata 15 agosto 1619, nella quale i balestrieri di Sansepolcro invitano i colleghi di Gubbio per il 1° settembre, giorno del tiro secondo le regole stabilite. Nella patria di Sant’Ubaldo, dove il Palio va in scena l’ultima domenica di maggio, vi è un documento scritto del 1461 che attesta questa tradizione, ma un forte comune denominatore fra Gubbio e Sansepolcro è la figura del podestà di entrambe: Uguccione della Faggiola, che nel 1315 – grazie all’introduzione delle balestre nell’esercito pisano – era riuscito a sconfiggere i senesi nella battaglia di Montecatini. Proprio Uguccione, esperto militare, aveva avuto modo di valutare l’abilità dei balestrieri di Gubbio e di Sansepolcro.
Il proliferare delle gare fra città, per esigenze di allenamento, rese necessaria la stesura di un regolamento che disciplinasse in tutto e per tutto il tiro con la balestra. Un esempio: il sorteggio nell’ordine di avvicendamento sui banchi. L’antico codice del Palio viene ratificato nel 1619, mentre è del 1668 – come precisato – la redazione dei Capitoli da osservare nel tiro con la balestra. Nel corso dei secoli, il Palio ha avuto fortune più o meno alterne e alla fine del ‘700 viene chiamato del “Pulzone”, per indicare il piccolo spillo di ferro, detto anche bulletta, che costituisce il vero centro al quale mirare. Per un centinaio di anni mantiene questa denominazione, anche se nel XIX secolo le difficoltà economiche della città di Sansepolcro relegano in secondo piano la balestra e il palio. Non appena però la situazione migliora, si riscopre la passione per il tiro e la tappa chiave diventa la partecipazione, nel 1895, al concorso nazionale di Ginnastica, che vede i balestrieri biturgensi piazzarsi ai primi posti.
Nel XX secolo, prima forzata interruzione del Palio nel periodo della Grande Guerra e ripresa nel 1920, sempre in piazza San Francesco. A quell’anno risale poi la nascita della Società dei Balestrieri di Sansepolcro, quale realtà anche organizzativa per le esercitazioni dei tiratori, con uno spazio messo a disposizione nella fascia appena esterna alle mura, compresa fra San Puccio e Porta del Castello. Umberto II di Savoia è nominato presidente onorario e l’interesse per il Palio rinasce negli anni ’30, alimentato dallo spirito campanilista che anima Gubbio e Sansepolcro. Dopo la parentesi dell’ultimo conflitto mondiale, il Palio compie il salto di qualità: è il 1951 quando la data di svolgimento a Sansepolcro della sfida con Gubbio viene spostata alla seconda domenica di settembre, per evitare la concomitanza con la Giostra del Saracino di Arezzo e l’antica competizione può contare su balestrieri e figuranti in costume. La sede praticamente fissa di svolgimento è piazza Torre di Berta, anche se qualche sporadica edizione (a volte dettata da circostanze contingenti) si è tenuta in piazza Garibaldi, più lunga ma anche più stretta per il pubblico rispetto a quella centrale.
Al fine anche di ribadire il loro ruolo primario, le due società armigere hanno deciso di far riconoscere la dizione “Palio della Balestra” dalla Società Italiana Brevetti, con l’attestato di registrazione per marchio d’impresa. Dall’8 marzo 1999, quindi, la denominazione nel preciso ordine – Palio della Balestra – appartiene soltanto a Gubbio e a Sansepolcro, per cui nessun’altra rievocazione può adottarla ne’ adoperare i tre termini consecutivamente. Da anni, con il numero totale dei partecipanti che specie a Sansepolcro ha superato diverse volte quota 100, sono stati istituiti tre banchi di tiro per ogni città, al fine di snellire i tempi e, da almeno quattro decenni, il Palio non è più soltanto l’appuntamento classico della seconda domenica di settembre: attorno a esso, Sansepolcro ha infatti costruito parentesi più o meno articolate di eventi di contorno e in piena sintonia con il filo conduttore.
All’inizio c’era la Settimana Biturgense, che poi divenne il Settembre Biturgense, mega-contenitore che inglobava rievocazioni e manifestazioni di diverso genere. A quel punto, è stato deciso di caratterizzare ancora di più la parte prettamente rinascimentale, con le “Feste del Palio della Balestra”, che in passato ha assunto anche denominazioni diverse. Offerta della Cera, presentazione del drappo del Palio, cena e concerto propiziatori, Mercato di Sant’Egidio e rappresentazioni teatrali hanno arricchito un programma che ruota su cardini chiamati Palio di Sant’Egidio, Palio dei Rioni (prima edizione nel 1976), Giochi di Bandiera (iniziati anch’essi negli anni ’70 del secolo scorso) e ovviamente Palio della Balestra, perché tutto ruota attorno ad esso e ha un senso perchè esiste la sfida fra Gubbio e Sansepolcro.
Fra le curiosità che riguardano il Palio, le edizioni straordinarie disputate a Sansepolcro nel 1994 e nel 2012: la prima abbinata a una delle lotterie nazionali (era insieme alla Giostra del Saracino di Arezzo) e la seconda in occasione delle celebrazioni per il Millenario della fondazione e della cattedrale di Sansepolcro. Nel 1964, invece, a causa di contrasti fra le società di Gubbio e di Sansepolcro, il Palio non venne disputato in nessuna della due città ed è questo l’unico vero vuoto. Nel 2011, l’astronauta Roberto Vittori – che da anni risiede nella città biturgense – ha portato nello Spazio la piccola balestra “Petra de Burgo” (nome ispirato a Piero della Francesca, che si firmava “Petro de Burgo”) nell’ultima missione dello Space Shuttle Endeavour STS-134. Una balestra creata da artigiani di Sansepolcro, che è finita anche su un servizio mandato in onda dal Tg1 della Rai.
Rispetto a oramai molti anni fa, la scaletta della domenica del Palio ha perso i due colpi di mortaio al mattino e lo spettacolo pirotecnico serale, che chiudeva la festa; in compenso, però, oltre al corteo dell’araldo, la mattinata domenicale ha aggiunto in ultimo il rituale della investitura del maestro di campo, che fino al termine del Palio prende simbolicamente in mano le redini della città, poi nel pomeriggio gli appuntamenti clou: alle 16.30 l’ingresso in piazza dei cortei storici di Gubbio e di Sansepolcro, il cerimoniale preliminare, la benedizione degli armati, la tenzone, la proclamazione del vincitore e infine l’atto più suggestivo, costituito dalla sfilata dei cortei storici per le strade del Borgo quando la domenica volge all’imbrunire. In occasione della sfilata, si formano due autentiche ali di folla, perché a Sansepolcro è uno spettacolo che nessuno vuole perdersi.
Ma nel corso degli anni, anche il corteo del Palio ha subito modifiche in chiave migliorativa per un semplice motivo: gli studi e le ricerche più approfondite che sono tuttora condotti da storici e appassionati locali hanno creato la necessità di un sempre maggiore rigore dal punto di vista filologico, il che consente oggi di ammirare un corteo all’altezza della situazione, così come l’ordine degli ingressi in piazza prima del Palio e la cura di determinati dettagli, vedi ad esempio le stupende acconciature delle madonne, che a loro volta sfilano tenendo posizioni rispettose della prospettiva pierfrancescana. Questa rivisitazione ha segnato una crescita notevole dell’evento dal punto di vista qualitativo, portando all’attenzione nazionale la Società Balestrieri di Sansepolcro proprio per il grande e incessante lavoro a monte che sta dietro il Palio. Chissà se tutto ciò avrebbe ispirato un’altra poesia al grande poeta Salvatore Quasimodo, che nel 1965 – con il Premio Nobel già in tasca da qualche anno – rimase affascinato dalla sfida fra i balestrieri di Gubbio e di Sansepolcro in piazza Torre di Berta. Era venuto in visita al Borgo e dedicò alla Società Balestrieri questa lirica intitolata “Balestrieri toscani”, che chiude il nostro speciale dedicato alla storia del Palio della Balestra.
Vestiti di broccati vivaci i balestrieri
nella piazza della città toscana,
senza tamburi vittoriosi,
tentano la sorte di colpire un centro
con una freccia medievale. I ragazzi
tendono con forza la corda della balestra
e lanciano le armi con ansia di amanti.
Rapidi ripetono il sortilegio.
Ero con te, amore, i colpi
sul bersaglio, nello stacco
della luce meridiana, la noia
dell’attesa per quei servi dell’antica
guerra, ci dissero che l’uomo non muore,
è un soldato d’amore della vittoria continua.