A quasi due anni dalla sua nascita, la multiutility toscana che dovrebbe gestire acqua, rifiuti ed energia sta forse vivendo il suo momento più critico. Nel giro di pochi giorni si sono infatti registrati due episodi di indubbia rilevanza: il pronunciamento del TAR che ha sancito che i comuni non hanno alcun potere di controllo sulla holding e le dimissioni, lo scorso 15 ottobre, di Alberto Irace da direttore generale di Estra.
Proprio a partire da quest’ultimo punto c’è innanzitutto da dire che Irace ricopriva il ruolo che ha lasciato, mentre al contempo era amministratore delegato di Alia Multiutility: il suo passo indietro, effettuato senza preavviso, è dunque arrivato – come spiegato dallo stesso Irace con toni particolarmente duri – a causa del clima di crescente conflittualità che si sarebbe innescato all’interno del consiglio di amministrazione di Estra, ovvero della società che per il 39,5% è controllata proprio da Alia. Le dimissioni del direttore di Estra sono, dunque, probabilmente da imputare agli attriti sorti negli ultimi tempi con Francesco Macrì, ovvero il presidente esecutivo di Estra, che nei mesi scorsi aveva mal digerito lo spostamento, non fisico ma formale, di 170 dipendenti da Estra ad Alia (poi successivamente tornati sotto Estra).
L’uscita di scena di Irace dalla compagine di Estra, del resto, è stata ancor più destabilizzante in quanto arrivata dopo che, all’inizio del mese, anche Demetrio Mauro, l’amministratore delegato di Estra Energie (molto vicino allo stesso Irace), si era dimesso. Questo “terremoto” ha dunque fortemente scosso non soltanto l’assetto della multiutility, ma anche la politica toscana, favorendo la nascita di un’azione che diversi sindaci, con in testa quelli di Firenze, Prato ed Empoli, stanno cercando di promuovere per ridare maggiore peso ai soci e proporre una discussione sul futuro della holding.
Il secondo fatto che è avvenuto in questi giorni e che si riallaccia alla questione del controllo che dovrebbero esercitare i comuni, ha a che fare con un ricorso presentato al TAR da un consigliere comunale di Firenze, Dmitrij Palagi, per chiedere un accesso agli atti della società Alia Multiutility: rispetto a tale richiesta, avanzata per conoscere gli importi delle retribuzioni e benefit dei dirigenti, il Tribunale amministrativo toscano ha emesso una sentenza che sancisce l’impossibilità del consigliere di accedere agli atti in quanto il Comune di Firenze, con il suo 36,7% del capitale di Alia Multiutility, non detiene una partecipazione tale da configurare una “influenza dominante”. Il fatto che un amministratore del comune che detiene la percentuale più alta di quote sociali non possa accedere a certe informazioni dimostra palesemente che nella governance della multiutility le amministrazioni pubbliche non sono in grado di esercitare il benché minimo controllo. Questo aspetto, non a caso, è stato subito messo in evidenza sia da un comunicato del Coordinamento delle Associazioni No Multiutility Toscana, sia dalle dichiarazioni del sindaco di Cantagallo, Guglielmo Bongiorno, il quale ha rivendicato l’inderogabile funzione decisionale della politica e chiesto di affidare la gestione di certi servizi, a partire da quello idrico integrato, a enti interamente pubblici. Bongiorno ha quindi ricordato gli indirizzi approvati in precedenza dall’Assemblea dell’AIT attraverso i quali era stato espresso di riportare la gestione dell’acqua entro un modello totalmente pubblico e che potesse garantire una partecipazione diretta degli enti locali, compresi quelli dei municipi più piccoli e periferici, ai processi decisionali.
Assieme a quanto verificatosi negli ultimi giorni, la questione posta dal sindaco di Cantagallo non può non essere recepita preventivamente anche in tutti quei territori toscani, come la Valtiberina, che in futuro saranno chiamati ad aderire alla multiutility. Dalle conflittualità politiche e gestionali, fino all’impossibilità di esercitare un efficace controllo pubblico, il modello ad essa associato sta rivelando le sue intrinseche difficoltà sia a tutelare congiuntamente i bisogni dei diversi territori, sia a recepire l’indirizzo che anche i cittadini toscani hanno – ormai 13 anni fa – espresso, ovvero quello di non consegnare al libero mercato e alla finanza la gestione di un bene fondamentale come l’acqua. Tutti i comuni che non hanno ancora abbracciato questo progetto hanno pertanto l’opportunità di definire un relativo orientamento osservando quanto sta già iniziando a manifestarsi laddove lo stesso è stato recepito.