Sulle alture tra Città di Castello, Montone e Pietralunga si sono formate diverse bande partigiane, raccolte nella Brigata “San Faustino”. Sono per lo più giovani dai 20 ai 24 anni d’età, sia di città che di campagna, renitenti ai bandi di chiamata alle armi o al servizio obbligatorio del lavoro emanati dal regime fascista. Insieme a loro, anche dei disertori dell’esercito italiano ed ex-prigionieri, alleati e slavi, evasi dai campi di concentramento fascisti dopo l’armistizio. Sono riusciti a sopravvivere al freddo invernale; la popolazione rurale li ha nascosti, protetti e nutriti.
Le bande passano all’azione a primavera, inizialmente per catturare armi e rifornirsi di cibo, vestiario e di quanto può essere utile alla macchia. La prima incursione militare avviene il 2 marzo, attaccando a colpi di bombe a mano e di moschetto il presidio della milizia fascista di Pietralunga. Proprio Pietralunga è al centro di un’offensiva partigiana alla fine di aprile. Le stesse autorità fasciste ammettono che “il paese è in balia dei partigiani”. Il 28 aprile Pietralunga è temporaneamente liberata dal fascismo e dall’occupazione tedesca. È allora che gli Alleati finalmente paracadutano armi e rifornimenti per i combattenti della Resistenza. Il 1º maggio la popolazione pietralunghese torna a festeggiare liberamente con i partigiani la Festa del Lavoro, abolita dal regime. Va lassù anche il tifernate Venanzio Gabriotti. Esponente cattolico, attorniato da antifascisti prevalentemente di sinistra, afferma con entusiasmo di essere venuto “per portare un po’ di tricolore in mezzo a tanto rosso”.
Per approfondire: Storia tifernate. La festa del primo maggio 1944 a Pietralunga.