L’11 febbraio 1944 una quindicina di partigiani di Pietralunga giurano di combattere il nazi-fascismo. A leggere il giuramento è l’arciprete Pompilio Mandrelli, che ricorderà: “Si giurò che avremmo tutelato, per quelle che erano le nostre possibilità, la libertà e la difesa dei valori umani e civili e anche cristiani della nostra zona, pronti a dar tutto, anche la vita”.
Questo momento solenne segna l’avvio della Resistenza a Pietralunga, centro della lotta armata contro il nazi-fascismo in un ampio tratto dell’Appennino umbro-marchigiano. Nella parrocchia di Morena è un altro sacerdote – don Marino Ceccarelli – a sostenere una banda partigiana con antifascisti per lo più eugubini. Tra Valdescura e Montebello che trovano rifugio i giovani alla macchia da Città di Castello. Più a ovest, a Capanne si nascondono i renitenti alla leva di Montone e a San Faustino si aggregano anche dei perugini.
Questa nascente rete clandestina rischia di essere sgominata per il tradimento di un componente che, caduto in mano ai fascisti, rivela i nomi di molti cospiratori. Ma i più sfuggono all’arresto.
L’antifascismo è in fermento in tutta la valle. I giovani in età di leva non vogliono combattere o lavorare per i nazi-fascisti. Dopo il duro inverno, l’ancor debole movimento partigiano vuole passare all’azione. Nell’Appennino umbro-toscano prendono corpo le bande di Monte S. Maria Tiberina, di Morra e di Badia Petroia. Sull’Alpe di Catenaia ci sono gli antifascisti di Caprese Michelangelo, gli slavi fuggiti dal campo di concentramento anghiarese di Renicci e la banda di “Tifone”, il carabiniere Giovanni Zuddas. Sull’Alpe della Luna sono alla macchia i giovani di Sansepolcro.
Per approfondire: Storia tifernate. La formazione delle bande di Pietralunga, di Morena, di Capanne, di Montebello e di San Benedetto.