Il patrono della città è San Giovanni Evangelista, che si festeggia il 27 dicembre, ma è noto che a Sansepolcro sia venerata anche la figura di Sant’Egidio, il pellegrino che assieme ad Arcano ha fondato poco più di mille anni fa il nucleo originario del Borgo di Piero della Francesca. Così dice la tradizione scritta, a partire dal 1418, secondo cui i due si fermarono in località Noceati (che faceva parte del territorio di Città di Castello) e qui costruirono un oratorio nel quale custodire le reliquie del Santo Sepolcro e di altri luoghi della Terrasanta che si erano portati appresso. L’oratorio avrebbe poi dato origine all’abbazia benedettina, sulla quale vi sono documenti dal 1012 e il borgo che si sarebbe sviluppato attorno a essa è stato il passo iniziale verso l’odierna Sansepolcro. Ecco perché questi due pellegrini sono tuttora venerati, pur non essendo i patroni della città, che però si identifica su di essi. Nel Medioevo e nell’età moderna sono stati oggetto di culto civico, al punto tale che in passato la festa cittadina veniva celebrata il 1° settembre, giorno appunto della ricorrenza di Sant’Egidio e non il 27 dicembre. È stato Francesco de’ Largi, nell’anno 1418, a raccontare le origini di Sansepolcro aprendo il registro dell’amministrazione comunale.
«[…] I doi sancti pelegrini Arcano et Gilio, principali fondatori di questa nostra terra, erano andati al Sancto Sepolcro de Ihesu Christo et de lì haviano optenuti certi sancti reliquii et da poi erano andati a visitare i gadi de le consacrate chiesa di beati sancti Pietro et Paulo apostoli in Roma et de lì ancho havieno per loro santità in devotione optenuti più reliquii di sancti e, dato volta, si ritornavano da Roma in Arcadia per rimpatriare. […] Pervenuti in valle di Nocea, che gli antichi cusì chiamavano queste luocho ove siamo, imperochè era piena di grandissime noci, reposandose, preso il corporale cibo, como fu piacere di Dio, s’adormentaro con le arole di lui in boccha et dormendo il beato Archano ebbe in visione che li convenia fare in quel luocho il suo tabernaculo et che non sperasse più rimpatriare. Archano naturalmente desideroso veder la sua patria, levatose in pe’ et chiamato il suo compagno, doppo doi simili visioni tentò partirse tratto da la dolceçça de la sua Arcadia. E riprese le sue cose, fatto di quelle conto che niente li mancasse, ritrovò non havea i sancti reliquii. Ello che in quelli havea tucta la sa sperança et singulare devotione cominciò forte a dolerse sutilmente per quelli ricercando e finalmente gli occhi e le gionte palme al cielo umilmente levando, vidde il bossolo nel quale erano i prefati reliquii. Onde compunto del miracolo che, quello che non havia penne, era volato in uno altissimo ramo di noce, non volendo più opporse a la volontà et predestinatione del glorioso Dio, disposto rimanere in questo luocho riebbe i sancti reliquii. Et qui fermatose, concorsero certi paesani i quali inteso il miracolo, lasciate le proprie habitationi, edificaro in questo luocho nuovi edificii et multiplicaro tanto in pocho tempo, como fo piacere di Dio, che fo cosa mirabile. I quali primi edificii imperoché i prefati sancti pelegrini veniano da Sancto Sepolcro de Yhesu Christo, nominaro Borgo di Sancto Sepolcro.I prefati reliquii, che per far conto et nome di quelli havemo con brevità narrato il nostro primo edificio, doppo la morte del beato Arcano remasero nelle mani di quelli che li eran concorsi. I quali oggi sono reverentemente collocati nel campanile de l’abbadia sotto tre chiavi, de le quali l’una tene continuamente meser l’abbate, l’altre doi tengono doi Borghesi che si farà nome di sotto, in nome del Comune». La devozione al Santo Sepolcro ha il suo punto di forza anche nella cerimonia della dedicazione dell’abbazia, che va avanti dal 1049 e che trasformava il 1° settembre in giornata di festa cittadina, la festa del Santo Sepolcro; una tradizione portata avanti anche nel periodo in cui Sansepolcro era passata sotto i Malatesta (fine XIV-inizio XV secolo) e che è stata mantenuta con il passaggio alla Repubblica Fiorentina. Non solo: gli statuti comunali del 1441 (anno nel quale Sansepolcro è divenuta toscana) stabilivano come otto giorni prima della festa il capitano fiorentino obbligasse, tramite un bando, i sindaci delle ville e tutti i componenti del Consiglio dei Venti di preparare un cero del valore di un bolognino da offrire all’Opera dell’abbazia il 1° settembre. Disposizione mantenuta anche nello statuto del 1571, con obbligo dell’offerta per i magistrati delle arti; dal 1520, poi, con l’assegnazione della titolarità della diocesi e l’elevazione a città di Sansepolcro, l’abbazia era diventata cattedrale. A suggello del legame che esisteva fra la comunità e l’abbazia, lo statuto dell’Arte dei Calzolai del 1378 aveva prescritto il riposo festivo per il «dì primo de septembre sancti Gilio e Sepolcro».
Una giornata di festa, tra gara di tiro e mercato
Da tempo, a Sansepolcro si sta vagliando la proposta di ripristinare la giornata di festa per il 1° settembre, che resta comunque un giorno speciale anche se feriale. Nel contesto della festa, si collocavano anche due appuntamenti che oggi sono oggetto di rievocazione: il Palio con la balestra in onore del fondatore e il Mercato di Sant’Egidio. Quest’ultimo ha origini antiche e trova la sua spiegazione nella posizione strategica che occupava Sansepolcro, ossia quella di crocevia di importanti strade di comunicazione nelle quali circolavano pellegrini, eserciti e mercanti. Con il tempo, il mercato annuale cominciò a prendere campo grazie ai prodotti agricoli ma sempre più all’artigianato tessile, che rese importante Sansepolcro attraverso i veli “borghesani”, i pannilana e il commercio del guado, dal quale si otteneva il colore indaco per le tinture dei tessuti. Il mercato era ricco di prodotti: c’erano anche grano, orzo, fave, cicerchie, paglia, semi di lino, fiori di sambuco, vico bianco e nero, zucchero, legname e animali. Nel 1467, il consiglio comunale della città varò una legge che aumentava l’importanza della fiera di settembre, con allungamento a sei giorni e abolizione di tasse e tributi.
L’associazione Rinascimento nel Borgo sta riproponendo da diversi anni la rievocazione del Mercato di Sant’Egidio, in ultimo nel chiostro e nel loggiato della cattedrale, fedele alla logistica di secoli addietro anche se l’appuntamento si tiene nel fine settimana del Palio della Balestra (il secondo di settembre) e non il primo giorno del mese. Venendo al Palio di Sant’Egidio, la storia ricorda come Sansepolcro abbia subito diverse dominazioni (i Tarlati e Città di Castello), prima dell’arrivo dei Malatesta nel 1371 con Galeotto, Signore di Rimini, che provvide a restaurare le mura e a fortificarle con la costruzione di 4 rocche. D’altronde, il Borgo era ed è tuttora terra di confine, ma allora – e proprio per questo motivo – era soggetta agli appetiti dei vicini, per cui era “allenata” sotto il profilo militare; i Malatesta non fecero altro che creare un corpo stabile per la difesa della città, imponendo un dazio per la balestra: ogni famiglia detentrice l’avrebbe tenuta in casa (non essendovi un centro di raccolta) e si sarebbe preoccupata della sua manutenzione. Ecco quindi che l’esercito cittadino prese corpo e che nel 1416 vennero consegnate 113 balestre ad altrettanti residenti, purchè versassero una cauzione e rilasciassero la “segurta”, ovvero la garanzia.
Fra i biturgensi possessori di balestra c’era anche Piero della Francesca; in quel periodo, le armi in questione erano di media grandezza e probabilmente non fabbricate in città (così si ricava dai documenti), mentre al Borgo si producevano le frecce. E comunque il condottiero Carlo Malatesta, figlio di Galeotto, riuscì a conferire prestigio alla città dal punto di vista sia militare che economico, tanto che – dopo la sua morte, avvenuta nel 1429 – il Borgo tornò a essere oggetto di contesa; rimase sotto lo Stato della Chiesa, ma per poco: nel 1441, infatti, la crisi di finanze suggerì a Papa Eugenio IV di chiedere un prestito di 25mila fiorini d’oro ai Fiorentini, che invece in quel momento erano in auge e si erano costruiti un prestigio con la vittoria nella battaglia di Anghiari del 1440; Sansepolcro venne data in pegno, qualora il pontefice non fosse stato in grado di restituire il prestito, come andò a finire, per cui Sansepolcro passò sotto i Fiorentini. Le prime notizie sul Palio risalgono proprio a questo periodo, anche perché i Fiorentini rispettarono fin da subito le tradizioni del Borgo: fra queste, c’è appunto il Palio delle calende di Settembre, occasione importante dapprima per tenere i balestrieri addestrati in caso di bisogno e poi per puro spettacolo e divertimento. Venne anche stabilita la cifra da impegnare per l’acquisto del panno rasato (cioè il palio, da “pallium”) che andrà al vincitore.
Alle feste di inizio settembre in onore di Sant’Egidio, fondatore della città assieme all’altro pellegrino Arcano, risale dunque la tradizione del palio con la balestra, arma che diventa simbolo del Borgo, città sempre pronta per difendere la propria indipendenza. Una città emancipata con i commerci, le fiere e i mercati, che approfitta di questi eventi per dilettarsi nell’arte del tiro con la balestra. La vigilia delle feste dedicate a Sant’Egidio è caratterizzata dal rituale sacro già ricordato: l’Offerta della Cera all’Abbazia (l’odierna cattedrale) da parte dei rappresentanti dei quartieri e, in seguito, delle arti e delle corporazioni cittadine. Salvo l’eccezione di quest’anno, l’Offerta della Cera è stata in effetti calendarizzata per il 31 agosto e il Palio di Sant’Egidio, quello che mette in competizione individuale i balestrieri ordinari con i cittadini che avanzano preventiva richiesta alla società, si disputa la sera del 1° settembre al campo di tiro “Luigi Batti” di Porta del Ponte con inizio alle 21. Dopo la secolare sfida con Gubbio, è il Palio più sentito da ogni tiratore.
Da oltre venti anni, poi, il giorno di Sant’Egidio è anche quello nel quale si presentano drappo e autore del Palio con Gubbio che si terrà in piazza Torre di Berta. La cerimonia è programmata in costume per le 18 nella sala consiliare di Palazzo delle Laudi, magari in coincidenza con il solenne rito religioso. Alla luce di quanto esposto, non sarebbe davvero il caso di tornare a istituire la festa cittadina il giorno 1° settembre, anche per rinverdire un sano orgoglio borghese?