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Dal disegno su carta al verde esplosivo della natura

Stefano Camaiti ci ha raccontato il suo percorso umano e artistico

Stefano Camaiti

Già alla prima domanda di rito, quella inerente al suo primo contatto con il mondo dell’arte, la risposta di Stefano Camaiti non è banale. “Non è facile rispondere. Si tratta di programmi di vita lunghi e problematici da spiegare. Diciamo che il mio approccio all’arte è arrivato quando ero molto giovane e parte da una collezione di Rizzoli che mio padre mi regalò prima di morire. Lì c’erano riportati tutti i grandi autori del passato, dal rinascimento fino all’ottocento, e me ne sono imbevuto fin dall’inizio”.

Secondo Stefano, un ruolo fondamentale nella formazione di un artista è giocato dall’artigianato: “È il primo passo in questo mondo, lavorare con le mani. Poi, se si ha una marcia in più che nasce da anni di gavetta e un’esperienza importante puoi salire un ulteriore scalino. Le tendenze di un artista non sono altro che atti di creatività scaturiti da momenti di grande benessere visivo da un grande malessere profondo. Se vedo qualcosa che non riesco a percepire tento in vari modi di decodificarlo. Ad oggi gli artigiani mancano, quando invece servirebbero per mantenere vivo il territorio”.

È inoltre evidente come per Camaiti la pittura sia un lavoro da approcciare con la massima serietà: “L’arte può nascere da qualsiasi cosa, se c’è la volontà di fare. Richiede però una procedura d’esecuzione continua e laboriosa. Bisogna disegnare molto. Io per esempio tengo un approccio molto classico: andare a spasso in campagna immergermi nella natura”.

Opera di Stefano Camaiti

 

Ed è proprio la natura il soggetto principale delle opere di Camaiti, nonché contenitore massimo della sua poetica: “È sempre stato il mio amore più grande. Interpretarla non è facile, devi affrontarla lavorando ed elaborando continuamente, fino ad arrivare a qualcosa che sia consono alla propria visione interiore. Bisogna osservare la realtà che ci circonda e confrontarla con il nostro profondo. Espongo natura e storia. Non riesco a scindere questi due aspetti. Anche quando sembra che la parte naturalistica prevalga, quella storica è invece sempre presente. In questo senso le mura di Sansepolcro o le chiesette immerse nel verde sono strutture umane, ma sono lì da talmente tanto tempo che si sono ormai collegate al paesaggio e ne sono divenute lo spirito”.

“Dieci Tele di Primavera”, l’attuale mostra in corso nello spazio espositivo del Palazzo Pretorio di Sansepolcro, esprime tutta l’essenza del lavoro di Camaiti, unendola al suo amore per la sua città natale. “Sansepolcro è una citta limpida, ariosa e aperta, che ha tutte le possibilità di fare qualcosa di importante e che sta provando a ricostruire un patrimonio umano e culturale che il Borgo merita. Io però sarei per una comunità ancora più attiva, che proponga laboratori visibili e vetrine permanenti che espongano i lavori. Questa mostra corrisponde al desiderio di mettere assieme le quattro stagioni in un habitat iconografico classico, ma realizzato con una tecnica al contempo antica e modernissima”.

Opera di Stefano Camaiti

 

La suddetta tecnica è stata perfezionata attraverso anni di studio e lavoro: “Nel tempo ho fatto vari esperimenti, approcciando tutte le tecniche sviluppate negli ultimi cento anni di storia. Guardo molto a tutte le scuole nate sul finire del 1800 e ai nostri macchiaioli toscani. Da diversi anni ho lasciato un po’ i pennelli da parte e ho cominciato a lavorare con le spatole. È una tecnica piuttosto difficoltosa, però la resa finale è sempre eccellente. Con questa tecnica ha fatto anche la mostra. Inoltre per me la base grafica è fondamentale perciò realizzo sempre disegni preparatori a penna. A volte i progetti restano solo sulla carta, altre volte si trasformano in pitture. Negli ultimi tre o quattro anni ho creato circa quattrocento disegni a penna”.

Insieme ad altri artisti valtiberini, Stefano Camaiti è inoltre protagonista del progetto Piero ha lasciato la luce accesa, in svolgimento presso il Museo Civico di Sansepolcro: “Degli amici mi hanno voluto fare un regalo, perché per via di vari problemi non sono riuscito a partecipare attivamente. Devo dire però che la mostra è riuscita molto bene, grazie alle opere di Alessandrini e i delicati acquerelli di Baragli. Io ho contribuito con tre o quattro pezzi realizzati tra il 2013 e il 2016.”

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