Come attestano i resti archeologici rinvenuti in prossimità del Gorgo del Ciliegio, sin dall’età del bronzo nella valle a “V” scavata dall’Afra si riscontra una significativa presenza umana. Nel corso dei secoli questa non è mai venuta meno, soprattutto dopo la fondazione degli insediamenti de La Villa e Prato alla Montagna. Dal medioevo fino al XX secolo lungo il torrente si concentrava un sistema di relazioni socio-economiche che di frequente si materializzava in strutture che al tempo rivestivano un’importanza cruciale: i mulini.
Prima di addentrarsi su questo argomento, si ricorda che il tema dei mulini in Valtiberina è stato affrontato anche da Claudio Cherubini, pertanto per eventuali ulteriori informazioni si suggerisce di consultare i suoi studi. Quanto invece riportato di seguito è frutto di una ricerca che si è soffermata principalmente su alcune fonti cartografiche storiche, sul territorio e sulle testimonianze fornite da alcuni interlocutori del luogo.
I mulini che sorgevano lungo il corso dell’Afra erano quattro: i mulini di Sopra e di Sotto della Montagna, quello della Basilica e quello, utilizzato soprattutto per la molitura delle castagne, nei pressi del Condotto, sopra la Montagna. Ad eccezione di quest’ultimo, per gli altri sono stati ritrovati puntuali riferimenti cartografici non solo su una carta idrografica redatta dal Ministero dell’Agricoltura a fine Ottocento, ma anche su alcuni documenti preunitari, come i fogli del Catasto Generale della Toscana, prodotti negli anni ‘20 del XIX secolo.
A valle dell’impianto molitorio del Condotto, lungo il sentiero che collegava La Villa con Germagnano, sorgeva il Mulino di Sopra della Montagna, il cui impianto molitorio era azionato da acqua che, con una portata media di 130 litri, cadeva da un’altezza di 5,4 metri.
Dopo anni di abbandono, oggi di questo edificio rimangono soltanto alcuni ruderi: tuttavia, da una visita in loco si possono riconoscere le parti principali che lo componevano, come il bottaccio attraverso il quale veniva raccolta l’acqua che faceva azionare i palmenti, il punto dove era collocata la macina, un altro vano adibito probabilmente a magazzino e l’ambiente sottostante da cui l’acqua, fuoriuscendo, tornava ad immettersi nell’Afra. Oltre a tali componenti è ancora oggi visibile il canale che dal torrente conduceva l’acqua nel bottaccio (quasi sempre i mulini di questa zona erano dotati di un canali, o gore, di questo tipo).
Esterno ed interno del mulino. Il vano di sinistra della parte interna era quello dove avveniva l’attività molitoria attraverso una macina: