La prima linea del fronte bellico è ormai a pochi chilometri di distanza. Si fa ancora più rigido il comportamento delle truppe tedesche, che colpiscono civili inermi.
A Penetola, presso Niccone, nella notte muoiono bruciate vive o mitragliate 12 persone, tra cui tre bambini dagli 8 ai 14 anni. Sono membri delle famiglie Avorio, Forni e Nencioni. Non si sa cosa abbia potuto provocare tanta spietata furia; nulla è successo nelle vicinanze da giustificare una rappresaglia. Nella lapide a ricordo del massacro si legge: “Non odio chiediamo a chi resta, soltanto memoria, perché altri non debban morire per mano assassina”.
Il giorno precedente a Falzano, presso Petrelle, soldati tedeschi fanno saltare in aria una casa colonica con 11 uomini dentro. Solo uno si salva. Altri quattro contadini, tra cui una donna, vengono assassinati nelle vicinanze. A scatenare la rappresaglia è l’uccisione da parte dei partigiani di due tedeschi che stanno razziando la fattoria dell’Aiola. Appartengono a un battaglione impiegato nella zona per la posa di mine e la demolizione dei ponti. Due suoi ufficiali sono stati condannati all’ergastolo per questo eccidio dal tribunale militare di La Spezia. Uno di essi è stato riconosciuto colpevole anche dalla magistratura tedesca.
Intanto Perugia è stata liberata. Il Comitato di Liberazione provinciale progettava di anticipare gli Alleati, facendo convergere verso il capoluogo i partigiani della Brigata “San Faustino”, ma l’azione è abortita.
Con il cedimento della linea difensiva tedesca che fa perno sul Lago Trasimeno, il 27 giugno, gli Alleati si sono aperti la strada per avanzare anche verso l’Alta Valle del Tevere.
Per approfondire: Storia tifernate. La strage di Penetola