Mentre gli Alleati consolidano le loro posizioni a Citerna e Anghiari, Sansepolcro è ancora in mano ai tedeschi. La loro presenza incute timore e gran parte della popolazione è sfollata in campagna. Su di essa grava l’incubo dei rastrellamenti e della deportazione, sorte che tocca a diverse persone a Montecasale, Montagna, Aboca e Valdimonte. Per i tedeschi, ogni uomo in grado di lavorare è prezioso come mano d’opera da impiegare forzatamente per la costruzione di fortificazioni lungo la Linea Gotica.
Il flusso di truppe germaniche in ritirata è da giorni continuo, talora disordinato, sempre foriero di rischi per i civili. Anche a Sansepolcro si verificano episodi di saccheggio, con scassinamento di negozi, magazzini, uffici e abitazioni private. Quando tocca alla “Buitoni”, alla razzia partecipa pure gente del posto.
Intanto si è intensificata l’opera di demolizione da parte dei guastatori tedeschi. La furia devastatrice si è accanita contro la linea ferroviaria e i ponti, per costringere il nemico a lente e faticose opere di ripristino. Inoltre ha reso inservibili gli impianti dell’acquedotto.
La ferita più profonda viene inferta proprio alla fine di questo lungo martirio. Il 31 luglio, prima di evacuare il centro abitato, i tedeschi distruggono uno dei simboli di Sansepolcro, la Torre di Berta. La sua demolizione non ha altro scopo che rendere intransitabile il centro urbano ai veicoli alleati. Vane sono state le pressioni per salvarla tentate presso gli ufficiali germanici dal vescovo Pompeo Ghezzi.
La gente spera che gli Alleati liberino presto la città. Invece il loro piano prevede l’attacco all’Alpe di Catenaia. Il territorio tra Sansepolcro e San Giustino è per loro un obbiettivo secondario. Nelle foto: la Torre di Berta e le sue rovine; lo stabilimento “Buitoni” devastato.
Per approfondire: Storia tifernate. Razzie e distruzioni a Sansepolcro.