Come risposta al ferimento di un militare tedesco, un reparto germanico fucila 5 uomini a Serra Partucci, presso Umbertide. Sono tre contadini, un sarto e uno studente, di età da 17 a 30 anni. Una lapide e cinque cipressi, sul luogo dell’esecuzione, ricordano la loro morte.
Lo stesso giorno, a Palazzo del Pero, nella valle del Cerfone, cadono vittime di un’altra rappresaglia 10 uomini, tra cui 4 partigiani. I civili fucilati sono contadini che stanno mietendo il grano vicino al luogo dove sembra sia stato ucciso un tedesco. I partigiani della “Pio Borri” vorrebbero, come contro-rappresaglia, uccidere 20 tedeschi prigionieri; ma il comando riesce a evitare che si inneschi una spirale di ulteriore violenza e imbarbarimento.
Incapaci di annientare le bande partigiane, che riescono a sfuggire agli accerchiamenti e a trovare nuovi rifugi, i tedeschi prendono di mira la popolazione. Nel punirla per il suo sostegno alla Resistenza, sperano che il timore di ulteriori rappresaglie la induca a recidere lo stretto legame con i “ribelli”.
Due giorni dopo, nel corso di un rastrellamento, i tedeschi catturano 5 giovani oltre il valico della Scheggia, sulla strada da Anghiari verso il Casentino. Quattro di essi – Tommaso Calabresi, Pasquale Checcaglini, Francesco Franceschi ed Enrico Riponi – sono di Monterchi. Hanno da 18 a 20 anni. Intendono unirsi ai partigiani e hanno appena prelevato delle armi ad Anghiari. Vengono impiccati con il filo di ferro. Le salme rimangono appese al capestro diversi giorni; un cartello invita i soldati germanici di passaggio a sparare addosso a quei bersagli inermi.
Per approfondire: Storia tifernate. I giovani impiccati al Passo della Scheggia