Città di Castello si svuota della popolazione. I tedeschi ordinano perentoriamente lo sfollamento. Si legge nel loro manifesto: “Il nemico è vicino! Poiché per necessità belliche occorre far saltare taluni edifici, ponti e strade, si ordina alla popolazione di sfollare dalla città. Chi non obbedirà a tali ordini sarà ritenuto connivente con il nemico”. I toni sfociano nel razzismo: “Le truppe d’invasione sono costituite da australiani, marocchini e negri”. La propaganda nazi-fascista tenta di raffigurare gli Alleati come invasori selvaggi e violenti. In realtà si comportano da barbari proprio i tedeschi, che iniziano un generalizzato saccheggio. Anche gente del posto ne approfitta, partecipando a uno scempio che dura tre giorni.
Alcuni tifernati, autorizzati a restare, organizzano una Guardia Civica per limitare i danni. Tra i benemeriti che cercano di salvare il salvabile vi sono il pretore Celso Ragnoni, l’avv. Luigi Pillitu e il generale Vito Corsi. Siccome anche l’ospedale è stato saccheggiato, se ne allestisce uno di emergenza nel seminario vescovile. Assiste malati – scoppia pure un’epidemia di tifo – e feriti. Ne è l’anima il rettore del seminario, don Beniamino Schivo.
Altre terribili ferite stanno per essere inferte al territorio. Per lasciare terra bruciata al nemico che avanza, i tedeschi iniziano a distruggere impianti industriali, vie di comunicazione e ponti.
A Sansepolcro lo sfollamento inizia due giorni dopo Città di Castello. In quei giorni si intensificano i bombardamento alleati nella zona. A Sansepolcro provocano 4 vittime.
Per approfondire: Storia tifernate. Città di Castello: distruzioni, saccheggi e sopravvivenza nella città assediata