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A Pieve Santo Stefano “I muri parlano”

La capitale italiana della memoria racconta la distruzione di 80 anni fa attraverso le testimonianze audio-video in mattonelle posizionate sulle pareti degli edifici del paese. Già installate le prime due 

La storia raccontata a voce di Pieve Santo Stefano, di quella Pieve tanto bella ma distrutta 80 anni fa nel corso dell’ultima guerra, rivive sui muri della Pieve attuale. È infatti partito il progetto “I muri parlano”, presentato all’interno della cerimonia che l’altra settimana ha visto l’assegnazione della 40esima edizione del Premio Pieve Saverio Tutino al diario di Albertina Castellazzi e che proseguirà i lavori di attuazione grazie alla collaborazione fra Archivio Diaristico Nazionale, Ftr Studio, Promemoria e amministrazione comunale. Un percorso iniziato anni addietro e che è arrivato a un primo concreto compimento giovedì 12 settembre scorso con l’installazione delle prime due mattonelle in alluminio, l’una in piazza Plinio Pellegrini e l’altra all’ex asilo Umberto I; le successive, in ceramica cotta, porteranno il totale fra le 10 e le 15 stazioni multimediali.

“Sarà il risultato di un’attenta selezione delle testimonianze in base ai luoghi”, ha dichiarato Loretta Veri, alla quale è affidata la gestione del Piccolo Museo del Diario. L’obiettivo è quello di realizzare un percorso tematico dedicato alla commemorazione degli 80 anni della distruzione di Pieve Santo Stefano. Scansionando il qr-code presente su ogni mattonella, il visitatore potrà accedere a contenuti audio-video nei quali le voci dei testimoni di quei tremendi e fatali giorni dell’agosto 1944 saranno chiamate a raccontare cosa successe in quel luogo, in quella strada, o piazza, casa e cantone di Pieve Santo Stefano, tracciando un appassionato collegamento tra il borgo antico e quello sorto dopo la ricostruzione. Non solo pagine di guerra, ma anche quelle dei pievani che hanno raccontato la propria vita in diari e memorie consegnate all’archivio, stazioni parlanti che potranno raccontarsi in un nuovo percorso tematico.

Un paese ipertestuale, che ha l’ambizione di raccontarsi in un vero e proprio museo diffuso della memoria. “Abbiamo attinto alle interviste raccolte nel libro “Pieve 1944 – Il paese cancellato” – ricorda la Veri – e siamo partiti negli anni 2006-2007, quando alcuni superstiti erano ancora vivi. E gli argomenti di questi racconti riguardano in particolare edifici che non ci sono più, vedi la chiesa di San Francesco, o strutture come la passerella sul Tevere. Ai visitatori che vengono al Museo del Diario e che si aspettano di trovare il vecchio borgo toscano che non c’è più, noi raccontiamo la storia. L’essere diventati la “capitale” della memoria è allora una sorta di risarcimento per quello che la guerra ci ha tolto”. Soddisfatto il sindaco Claudio Marcelli: “L’allestimento è unico nel suo genere e dimostra quanto il paese non si stanchi mai di lavorare per tener fede all’appellativo che si è guadagnato”.  
 

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