Il periodo pasquale è forse il più “vissuto” di tutto l’anno liturgico e religioso. Così è stato e così appare ancora oggi nelle chiese del già “Nullius dioecesis” di Sestino. Che in passato fosse il fulcro per dare vita al vangelo lo dimostra soprattutto la storia della Confraternita della Misericordia, attiva almeno dal 1421, protagonista di alcuni momenti della settimana pasquale. Il Venerdì Santo costituiva una passione vissuta dall’intera comunità sestinate: non una finestra senza luminarie, non un rumore nel silenzio delle ore già abbrunite: solo i passi di decine e decine di confratelli della Misericordia, muti nell’abito nero, coperto il volto, piedi quasi nudi, tutte le attività sospese, gli esercizi pubblici a serrande abbassate. La numerosa banda del paese suonava ininterrottamente, intervallata da parole del sacerdote e dal canto delle “nenie”.
Ma la processione “dimostrava” – e ancora dimostra – il susseguirsi dei momenti della Passione di Cristo e la sua crocifissione attraverso l’esposizione di immagini che ritraevano le fasi salienti della ascesa al Calvario: il Cristo legato alla colonna, Gesù che cade lungo il difficile tragitto, la Crocifissione, il Cristo morto, adagiato sul letto per la venerazione. Immagini poderose, una iconografia parlante. Così come – ma siamo in un ambito più generale – i molti Crocifissi che adornano le chiese del già plebato e che di secolo in secolo non tradiscono l’evolversi di un’arte che non solo è il “vangelo parlante”, arte iconica didattica, ma anche un’arte che modernizzandosi non tradisce lo stigma del “vero” per andare verso l’“immaginario”, lo stupore sotto vesti e volti variamente interpretati. Una ricchezza, comunque, importante da tutti i punti di vista, che oggi parla ai cattolici della verità del vangelo e attira l’ammirazione di chi cerca le “anime” dei territori.
Qualcosa è cambiato anche a Sestino, ma resta il patrimonio storico-artistico. La processione del Venerdì Santo è un rivivere, con attori espressi dalla comunità sestinate, il percorso verso il Golgota locale: a piedi scalzi, le croci sulle spalle, la riproduzione vivente della crocifissione al termine del percorso processionale.
E a ricordare quotidianamente la parola del vangelo, la “ricchezza” spirituale della Pasqua il Cristo crocifisso accoglie da secoli dall’abside concava di S. Pancrazio, mirabile opera attribuita ad Andrea da Bologna. Ma un Cristo glabro trecentesco è l’approdo di molti frequentatori, meta finale di “arte sacra” che inizia – si può dire – da Rimini. Nella piccola, ma antica parrocchiale di Lucemburgo, il Cristo antico è deposto dalla croce e mostra i segni del martirio. Nella chiesa della Misericordia, nel cuore di Sestino, lo stendardo processionale non solo si fa ammirare per una splendida Madonna che ricorda nel mantello la Madonna del Parto di Piero della Francesca, ma anche per una particolare Crocifissione – sul retro – con “donne” che piangono ai piedi del Crocifisso e la Maddalena, con un manto di interessante iconografia. E il sangue che scende dal Crocifisso irrora una “terra” ancora sassosa e arida, interpretata come la scogliera del Sasso di Simone con in lontananza il Monte di Carpegna.