Sindaco di Sansepolcro dal 1976 al 1988, Ivano Del Furia è stato uno degli amministratori di riferimento della Valtiberina almeno dal 1970 ai primi anni Duemila. Ha quindi vissuto in prima persona le dinamiche connesse con la progettazione, la costruzione e la messa a regime della diga e dell’invaso di Montedoglio, per la cui valorizzazione si adopera tuttora. Non a caso è stato fra coloro che hanno lanciato l’idea che si è concretizzata nell’importante convegno sul futuro del lago in programma domani al centro congressi La Fortezza, organizzato da Fondazione Progetto Valtiberina con la collaborazione di Aboca ed Eaut.
Proprio in vista di questo appuntamento, Del Furia ci tiene a ringraziare chi ha accolto «l’esigenza di affrontare un argomento così rilevante per la collettività» e a ripercorrere alcuni passaggi, partendo dal progetto iniziale: «L’ente gestore – sottolinea – inizialmente si chiamava Ente Irrigazione Valdichiana, la Valtiberina non era menzionata. C’è un motivo: per questo territorio il progetto generale redatto dall’ingegner Filippo Arredi prevedeva un altro invaso più a monte, sul Singerna. Non escluderei per il futuro la possibilità di realizzare questo secondo invaso. L’acqua è un bene primario che sarà sempre più cruciale, quindi vanno sfruttate tutte le potenzialità che abbiamo».
La fase degli espropri
Per l’ex sindaco biturgense, va anche notato come la Valtiberina abbia dato «un importante contributo alla realizzazione dell’infrastruttura, affrontando i problemi che via via si presentavano». Uno fu quella degli espropri: «Furono gestiti in armonia dai sindaci di allora, che oltre al sottoscritto erano Minelli per Pieve Santo Stefano, Talozzi per Anghiari e Acquisti per Caprese Michelangelo. Ci incontravamo in modo coordinato con il direttore dell’ente, il dottor Renato Chianucci, persona austera e gentile. In quella fase si arrivò alla decisione di ricostruire la frazione Madonnuccia, anche per evitare lo spopolamento di Pieve Santo Stefano. A Sansepolcro mettemmo a disposizione nella zona nord il P.E.E.P. Triglione e la lottizzazione Pieve Vecchia, e fummo di fatto costretti a una variante al Piano regolatore proprio per gli espropriati, per dargli modo di ricostruire in altri terreni di loro proprietà. Si trattò di una cosa unica in Toscana, un’operazione quasi di edilizia spontanea poco giustificabile dal punto di vista strettamente urbanistico. Per agevolarne l’applicazione dovette intervenire in prima persona il presidente della Regione Bartolini», ricorda Del Furia.
Il 29 dicembre 2010
Un altro episodio decisivo nella storia di Montedoglio è il crollo del 29 dicembre 2010. «Una curiosità – puntualizza il nostro interlocutore – è che avvenne mentre gli amministratori di Sansepolcro erano a una cena di lavoro organizzata dalla società Valtiberina Spa per discutere del futuro dell’area ex Buitoni”. A quella cena erano stati invitati anche gli ex primi cittadini, tra cui Ivano Del Furia. “A un certo punto arrivarono i carabinieri ad informare dell’accaduto il professor Polcri, che come sindaco era responsabile della protezione civile. Le prime voci secondo cui era “crollata la diga” ci lasciarono inizialmente tutti increduli, poi la notizia iniziò a circolare, ci mettemmo in moto per verificare cosa era possibile fare e scattò tutta l’emergenza possibile».
La rete irrigua
Oggi restano vari temi aperti, come quello del completamento della rete irrigua. «Se la rete primaria è di competenza dell’Ente acque”, dice Del Furia, “vi è poi la rete secondaria, per portare l’acqua direttamente nei campi, che è invece in capo a Regione ed enti locali. Il piano, realizzato dallo studio tecnico Vincenti su incarico della Comunità Montana Valtiberina Toscana, distingue l’area di Monterchi-Valle del Sovara, quella di Anghiari-Motina-Viaio, la fascia tra la via Libbia e la Senese Aretina, quella di Gricignano, cioè dalla Senese Aretina al confine con l’Umbria, quella del Trebbio e frazione Giardino, quella di Gragnano e Vannocchia, quella della città di Sansepolcro. Se la zona di Gricignano ha ancora 630 ettari, tra i più produttivi del territorio, non raggiunti dall’acqua di Montedoglio, è interessante anche notare come esista un distretto del centro: questo perché era ed è previsto l’utilizzo dell’acqua di Montedoglio, anziché di quella potabile dell’acquedotto, per il mantenimento del verde cittadino”.
La proposta: “Montedoglio nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi”
Dall’ex primo cittadino di Sansepolcro arriva infine una significativa proposta di valorizzazione futura: «Perché non prevedere un collegamento con il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ampliandolo fino alla sponda nord-occidentale del lago?», si chiede Del Furia. «Questo garantirebbe di puntare a uno sviluppo turistico massimo, che dev’essere un obiettivo di primaria importanza da affiancare a quello irriguo e idropotabile».