Per il centrodestra dell’Umbria, le elezioni regionali del 17 e 18 novembre prossimi saranno la prova della verità. Era fin troppo facile prevedere cinque anni fa che, a seguito delle vicende di Sanitopoli che avevano posto fine in anticipo alla legislatura della presidente Catiuscia Marini, il centrosinistra avrebbe perso il governo del “cuore verde d’Italia”, come poi è andata a finire con l’elezione a presidente di Donatella Tesei. Per lei, da mesi ricandidata ufficiale e per i partiti e movimenti che la sostengono, diventa allora questa la consultazione che conta realmente: in casi del genere, alla luce delle dinamiche sopra ricordate, il difficile diventa proprio la conferma. Gli umbri hanno sperimentato cinque anni di amministrazione diversa da quella del centrosinistra, che fino al 2019 aveva avuto lo storico controllo della situazione e quindi le elezioni di novembre costituiranno il momento della riprova.
Nel frattempo, il centrosinistra si è riorganizzato e ha recuperato terreno in alcuni importanti Comuni, a cominciare da quello del capoluogo di Regione, Perugia, dimostrando come il cosiddetto “campo largo” si sia dimostrato vincente. Come cioè la riunione di tutte le anime dello schieramento sia la formula giusta, purché vi sia condivisione sui programmi e non si riveli un mero cartello elettorale, efficace per vincere alle urne ma non poi per governare. Il messaggio è dunque arrivato chiaro.
La sfida al femminile fra Donatella Tesei e Stefania Proietti, scelta per rappresentare il campo largo del centrosinistra, è quindi il leit motiv di una tornata amministrativa che vede in lizza solo ora ben otto candidati alla presidenza (tre di essi sono donne), che ora andiamo a presentare, partendo ovviamente dal duo Tesei-Proietti, una sorta anche di “derby” virtuale fra due significative espressioni dell’Umbria autentica che le singole candidate hanno amministrato: da una parte Montefalco, il borgo noto per la sua bellezza ma anche per il vino e l’olio, che sono le sue eccellenze; dall’altra Assisi, la città di San Francesco e la capitale mondiale della pace. E anche a livello professionale diventa una sfida fra l’avvocato e l’ingegnere.
Donatella Tesei, eletta nel 2019, si ripresenta con in dote l’appoggio del suo schieramento politico: Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Noi Moderati e Udc, più le liste civiche che si formeranno. In ultimo, ha incassato anche il “sì” di Alternativa Popolare, il cui coordinatore nazionale è il sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, che in un primo tempo aveva deciso di correre a parte, candidandosi anche lui alla presidenza. Crediamo che la valutazione degli umbri sull’operato della presidente uscente sarà l’elemento più importante, in base al quale la Tesei si giocherà la conferma.
Stefania Proietti è tuttora sindaco di Assisi e presidente della Provincia di Perugia; il 16 agosto scorso ha accettato la proposta di candidarsi alla presidenza della Regione per centrosinistra e Patto Avanti, dopo che sul suo nome hanno trovato convergenza Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra, ma anche Azione, Partito Socialista e Italia Viva. Certamente, è la figura forte – per non dire l’unica figura di peso – sulla quale può contare la coalizione, dal momento che è appunto anche sindaco e presidente della Provincia. Non era poi facile mettere d’accordo i tanti simboli che abbiamo elencato, ma lei c’è riuscita; tutto questo per dire che comunque quello di Stefania Proietti è il nome spendibile per eccellenza, al quale è affidata la missione di riportare il centrosinistra alla guida dell’Umbria. L’unico nome valido da contrapporre a quello di Donatella Tesei.
Marco Rizzo è, sul piano della militanza politica, il candidato più conosciuto: era con il vecchio Partito Comunista Italiano, poi nell’area cossuttiana di Rifondazione Comunista e di seguito nei Comunisti Italiani. Fondatore nel 2009 del Partito Comunista, è stato segretario nazionale e presidente onorario di esso. Rizzo ha ricoperto anche le cariche di deputato e di europarlamentare e adesso è coordinatore di Democrazia Sovrana e Popolare. Nello spiegare i motivi della sua candidatura, Rizzo ricorda come sia importante scongiurare la deriva verticista della politica attuale, lontana dalle esigenze e dai bisogni del popolo. Inoltre, ha parlato di “svendita” in atto per lo Stato, che ha consegnato le telecomunicazioni in mano a un fondo americano e per i territori, i cui enti locali costretti al pareggio di bilancio stanno sempre più privatizzando settori economici pubblici e servizi essenziali quali la sanità.
Roberto Fiore è un altro candidato che non passa di certo inosservato, trattandosi del fondatore di Forza Nuova, la quale ricorda che “la sua discesa in campo avviene all’indomani del crollo dell’accusa nel processo del 9 ottobre (storico giorno della protesta anti Cgil sul Green Pass) e dell’attenzione dedicata recentemente da Donald Trump in colloqui con Robert Kennedy Jr. sugli effetti avversi del vaccino”. Fiore lancia la proposta che le autorità nazionali, regionali e comunali provvedano ad uno screening per tutti coloro che si sono vaccinati contro il Covid-19. “Se lo Stato ha tradito il popolo nel 2021, rendendo obbligatorio il vaccino (Green Pass), oggi può recuperare credibilità – continua Fiore – solo attraverso un’azione di massa e capillare, che impegni tutta la sanità. Forza Nuova si batterà da oggi su tutto il territorio nazionale per il raggiungimento di questo obiettivo, fondamentale ed urgente”.
Moreno Pasquinelli è il candidato del “Fronte del Dissenso” e da sempre è espressione “dell’Umbria che non si è mai piegata davanti ai poteri forti e che non ha mai fatto compromessi con i politicanti al loro servizio”. A comporre il movimento sono militanti di diverse estrazioni sociali e culturali, assieme a cittadini senza esperienza politica alle spalle. L’obiettivo è quello di arrivare ai 25mila voti e al 7% dei consensi, per portare almeno un consigliere nell’assemblea regionale. Condizione numero uno per il movimento è quella – sta scritto – di “cacciare i mercanti dal tempio”, espugnando così il palazzo regionale, “centro di corruzione e depravazione politica” e per Pasquinelli diventato una “spelonca di ladroni”, affinché diventi invece “una vera e trasparente casa del popolo”.
Elìa Fiorini, che ricopre al momento la carica di consigliere comunale a Magione, è il candidato di “Alternativa per l’Umbria – Azione Civica”. La motivazione che lo ha spinto a concorrere per la carica di presidente è ovviamente legata al raggiungimento di un preciso scopo: mettere al centro i territori e le loro esigenze concrete, distaccandosi dalle logiche consuete. Sicurezza, degrado e soprattutto sanità pubblica le battaglie di Fiorini, che vuole portare avanti una politica nuova, più vicina ai cittadini e avulsa dalle dinamiche dei partiti tradizionali e da quello che lui ha definito il “partitismo preconfezionato televisivo-istituzionale”.
Francesco Miroballo (per lui un passato con la Lega) è il coordinatore di “Umbria Autonoma”, che lui rappresenterà come candidato presidente. Nel suo programma elettorale vi sono temi forti per la regione quali sanità, turismo, infrastrutture, ricostruzione post-terremoto, istruzione, famiglia e autonomia regionale, facendo in modo che le Province di Perugia e di Terni assumano i connotati di quelle – autonome – di Trento e di Bolzano. La sua lista si colloca al centro, nel senso che non sta “né a destra né a sinistra”, come ha specificato lo stesso Miroballo. Che però ha chiuso la porta verso la destra, dimostrandosi molto critico sull’attuale gestione della sanità e rivendicando la necessità di un nodo infrastrutturale rilevante.
Martina Leonardi chiude l’elenco dei candidati alla presidenza della Regione dell’Umbria, in rappresentanza di Partito Comunista Italiano e Potere al Popolo, che vogliono far valere i principi della sinistra radicale con una decisa opposizione al sistema attuale. Il Pci rimane fuori dal “campo largo” del centrosinistra su argomenti di rilevanza nazionale e regionale che rientrano all’interno della sua campagna elettorale; il rifiuto della guerra e la netta opposizione alle politiche economiche liberiste sono due cardini fondamentali, non dimenticando la sanità, per la quale occorre una riforma tale da garantire l’accesso universale ai servizi e non la privatizzazione e la riduzione delle risorse, ma anche l’educazione, il lavoro e le politiche giovanili. Insomma, una forza di rottura rispetto allo “status quo”: più inclusività e una maggiore visione collettiva anche nelle politiche economiche e sociali.