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Polcri: “Mi batto contro l’arroganza del potere”

Ragioni e conseguenze della candidatura provinciale: intervista al sindaco di Anghiari

Come è noto, lunedì il sindaco di Anghiari Alessandro Polcri ha ratificato la propria candidatura alle elezioni del 18 dicembre, in cui i consiglieri comunali delle 36 municipalità aretine sceglieranno chi sarà a guidare la Provincia per i prossimi quattro anni. La decisione di Polcri, civico vicino al centrodestra, ha destato scalpore perché dà vita a una sfida con la presidente uscente Silvia Chiassai Martini, sindaca di Montevarchi, scelta per un secondo mandato dai partiti dello stesso centrodestra. Ieri abbiamo incontrato il primo cittadino anghiarese per approfondire le ragioni e le possibili conseguenze della sua candidatura.

Si tratta di una candidatura arrivata un po’ a sorpresa, almeno per quello che si poteva immaginare fino a poco tempo fa. Come è maturata?
“Innanzitutto spero che sia una bella sorpresa per i tanti consiglieri, sindaci e persone che chiedono un cambio di passo nell’atteggiamento della Provincia che oggi è rappresentata da Silvia Chiassai. La mia candidatura è legata a due questioni. La prima è quella della correttezza: nel momento in cui Silvia Chiassai ha scelto la data del 18 dicembre ha tolto di mezzo tutta una serie di sindaci che, se le elezioni fossero state in novembre, sarebbero stati candidabili. Su tutti i sindaci candidabili in via astratta, con la decisione del 18 dicembre ne sono rimasti solo cinque in tutta la Provincia. Quindi questa la ritengo un’operazione che da un punto di vista democratico è sicuramente da stigmatizzare e che suscita un senso di ingiustizia. Poi c’è un altro elemento, quello della turnazione: trattandosi di un ente di secondo livello, dovrebbe essere cosa buona e giusta che finito il mandato del presidente si desse la possibilità di rappresentarlo anche ad altri territori. Questo lo vediamo nell’Unione dei comuni: io sono stato presidente, e finito il mio percorso ho dato la possibilità di esserlo ad un altro sindaco di un comune aderente. Questo dovrebbe essere lo spirito dell’ente che è oggi la Provincia, un ente che è stato svuotato dalla riforma Delrio, ha perso tante competenze, ma d’altra parte è diventata una casa dei comuni in cui la conflittualità non è più tra destra, sinistra e centro, ma è sulla rappresentanza dei territori. Questa candidatura è anche un’occasione per la Valtiberina, quindi rivolgo a tutti i consiglieri e i sindaci del territorio l’invito a votare la mia persona perché si rafforza la Valtiberina nello scacchiere provinciale. È un’occasione che oggi c’è e un domani potrebbe essere difficile da ripetere”.

Ci sono tuttavia state trattative per arrivare a una candidatura unitaria. Come mai non hanno avuto successo?
“Io sono una persona molto pacata e molto attenta al dialogo, difficilmente arrivo allo strappo se non c’è un sistema di confronto. Fino all’ultimo giorno ho cercato di trovare una condivisione sul nome del presidente, oppure su una variabile alternativa che riconoscesse le proposte che avevo indicato al tavolo dei sindaci. Avevo chiesto una vicepresidenza per la Valtiberina, ma questa possibilità mi è stata negata. E guardate che non lo facevo sulla mia persona, perché il vicepresidente non può essere un sindaco del territorio ma dev’essere un consigliere provinciale, dunque l’avrei fatto in favore di Laura Chieli o Matteo Del Barba, senza alcun atteggiamento egoistico o personalistico. Avevo inoltre chiesto di mettere sul tavolo delle progettualità che riguardassero altre vallate, ma anche su questo c’è stato un arroccamento. A questo punto ho preso la decisione di candidarmi. Con molta semplicità, perché ho fatto solo il sindaco, sono al secondo mandato; lo faccio con la massima chiarezza, sono una persona libera, non ho condizionamenti da parte di nessun partito e lo faccio per il mio territorio, per un principio che è quello della giustizia e quello ultimo della democrazia, per ristabilire degli equilibri”.  

Parte del centrodestra ha reagito molto duramente a questa candidatura; in particolare il coordinamento provinciale di Fratelli d’Italia ha chiesto le sue dimissioni da sindaco parlando di “tradimento del mandato elettorale”.
“Chi conosce le dinamiche della politica sa benissimo che sono stato eletto con una lista che si chiama Lista civica Polcri, a cui ho dunque dato una precisa connotazione. È se prendessi tessere di partito o facessi ragionamenti di partito che andrei contro il mandato popolare. Io sono una persona libera, ad Anghiari mi hanno votato elettori di centrodestra, di centrosinistra, di centro, perché si vota la persona e si votano le capacità progettuali. Quindi questo scivolone fatto dai dirigenti di Fratelli d’Italia da questo punto di vista non è neanche commentabile, però dà il la per capire che dietro la scelta di Silvia Chiassai c’è l’arroganza del potere. Io, da uomo libero, delle Istituzioni, con il mio profilo istituzionale, mi batto contro l’arroganza del potere”.

Questo strappo può portare conseguenze negative per il comune di Anghiari o per altri comuni i cui amministratori decidessero di appoggiarla?
“No, perché questa è una decisione su due persone. Chi il 18 dicembre si recherà al seggio dovrà decidere se mettere una X sul nome di Alessandro Polcri o su quello di Silvia Chiassai, non ci sono altri condizionamenti. Naturalmente la mia maggioranza ha sostenuto la mia candidatura, altrimenti non la potrei neanche proporre, e anche le variabili nella geometria dell’Unione dei comuni e nei rapporti con i sindaci rimarranno uguali, che io sia presidente o che non lo sia. Questa è un’operazione politica per dare un’alternanza e una voce a quei territori che oggi non ce l’hanno”.

Il nuovo presidente dovrà governare con un consiglio provinciale eletto precedentemente a questa fase, quindi con equilibri diversi. Questo che implicazioni può avere?
“Il presidente è una figura a sé, perché ha un mandato di quattro anni e il consiglio di due, quindi il presidente deve essere una figura istituzionale. Indipendentemente dal colore politico del consiglio, dovrà dialogare con le varie maggioranze. La maggioranza che oggi sostiene Silvia Chiassai è una maggioranza civica e di centrodestra, evidentemente la mia presidenza deve cercare di allargare il raggio il più possibile. Dunque mi confronterò con il consiglio, ma sarà la variabile del consiglio che dovrà decidere se dare la fiducia al presidente, non viceversa. Io mi candido nella mia persona per rappresentare tutti i territori, perché la Provincia è la casa dei comuni”.

Uno dei sindaci della Valtiberina, quello di Pieve Santo Stefano, ha preso una posizione critica nei confronti della sua candidatura. Che valutazione fare in merito?
“La sua è una scelta legittima, che non condivido come credo non la condividano nemmeno i suoi elettori oppure la gente della Valtiberina e di Pieve Santo Stefano: una volta che il territorio della Valtiberina ha la possibilità di esprimere un presidente, credo che sia difficile giustificare le motivazioni per cui non si vota un candidato. Anche perché sulle tematiche, sulla pratica, sulle progettualità non c’è da parte mia nessuna contrarietà alle richieste che vengono da Pieve Santo Stefano. Chi mi conosce sa che sono una persona che ama il dialogo, molto aperta, sono un pragmatico, dunque non vedo una contrapposizione. Io credo che se gli amministratori ascoltassero di più la voce del territorio, del loro popolo, il 18 dicembre metterebbero una X sul candidato a presidente Alessandro Polcri”.

In concreto per la Valtiberina cosa cambierebbe con Polcri presidente?
Da Fanfani in poi la Valtiberina non ha contato nulla, lo abbiamo visto anche nella recente vicenda dell’Eaut: nonostante la richiesta dei sindaci del territorio di inserire una figura proveniente dalla Valtiberina la politica ha, legittimamente, scelto un aretino. Questo fa capire che tutte le decisioni, quelle importanti, che cambiano il destino della Valtiberina, vengono fatte altrove. Io chiedo che la Valtiberina torni centrale. Talvolta bisogna anche battere i pugni sul tavolo e dunque cercherò di portare le richieste che vengono dal territorio anche oltre la Valtiberina, fino ad arrivare ad Arezzo e a Firenze”.

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