Dopo aver trattato il tema dei fertilizzanti cercando di fare il punto della situazione per ciò che concerne l’Alta Valle del Tevere, ora si proverà a capire quanto e dove, nello stesso territorio, si concentrano maggiormente alcune sostanze che si ritrovano all’interno dei principali pesticidi.
Prima di tutto è opportuno ricordare che talvolta l’uso di questi ultimi si lega, in maniera complementare, proprio a quello dei fertilizzanti: l’apporto di sostanze che, come i nitrati, favoriscono lo sviluppo vegetativo può infatti indurre le piante ad assorbire meno minerali dal suolo, contribuendo così ad un processo di indebolimento che le porta ad essere maggiormente esposte agli attacchi dei parassiti e degli agenti patogeni. In tali casi, dovendo ricorrere più frequentemente a prodotti che agiscono contro insetti, funghi, batteri, virus ed erbe infestanti, si potrebbe quindi innescare una sorta di circolo vizioso da cui non è semplice uscire.
L’agricoltura intensiva praticata nell’Alta Valle del Tevere, sia sul versante toscano che su quello umbro, non può ancora emanciparsi totalmente dall’esigenza di dover effettuare alcuni trattamenti fitosanitari, sebbene negli ultimi anni si tenda sempre di più a normare e ridurre l’utilizzo di certi prodotti chimici. In merito a questo aspetto si ricorda che alcuni comuni, come Sansepolcro e Citerna, si sono dotati di un regolamento sui fitofarmaci al fine di ridurre l’impatto dei trattamenti.
Premesso ciò, secondo l’edizione 2022 del Rapporto nazionale sui pesticidi pubblicato dall’Ispra sulla base dei dati del 2019 e 2020, le acque superficiali e profonde dell’Alta Valle del Tevere presentano livelli di contaminazione abbastanza in linea con quelli del resto della Toscana e dell’Umbria, quindi poco al di sotto di una media nazionale che è frutto di valori molto alti al Nord e piuttosto bassi al Sud (anche se tale livello risente del fatto che per la parte meridionale del Paese sono disponibili molti meno dati). Soffermandosi sui punti di monitoraggio della Valtiberina toscana e dell’Altotevere umbro, si può in effetti constatare che laddove vengono effettuati i rilevamenti la situazione appare, nel complesso, sotto controllo: osservando gli ultimi anni, sono stati segnalati livelli di glifosato, un erbicida non selettivo, superiore ai limiti vigenti soltanto nel 2019 a Città di Castello, in prossimità di Rio Secco. Affinché l’acqua del sottosuolo possa essere considerata sicura per il consumo umano, questa deve contenere meno di 0,1 mg/litro di ciascuna sostanza ricercata: in quell’occasione, invece, la presenza del glifosato era stata quantificata in 0,18 mg/litro. Al di fuori di questo caso, indicato nel portale on-line dell’Ispra sui pesticidi, per gli anni più recenti non si riscontrano valori al di sopra della suddetta soglia di guardia. In alcune delle altre stazioni di monitoraggio si registra, infatti, soltanto la presenza di qualche sostanza (lo stesso glifosato, o l’AMPA, cioè il suo derivato), ma sempre al di sotto della soglia dello 0,1 mg/litro. Secondo i dati raccolti dallo stesso istituto anche le acque superficiali presentano valori sulla norma. Di fronte a tali riscontri numerici è però necessario sottolineare che la sola analisi sulle acque superficiali e profonde risulta essere piuttosto riduttiva, dato che i pesticidi non contaminano solo questi corpi idrici, ma anche il suolo, l’aria e i prodotti agricoli.
Per avere una base conoscitiva più chiara e dettagliata sarebbe dunque opportuno monitorare anche la concentrazione di certe sostanze nei terreni, ma al momento per questo tipo di analisi non sono reperibili dati da cui poter ricavare informazioni significative. Un discorso analogo può essere fatto anche per l’aria, dato che su questo ambito il monitoraggio viene fatto per macro-aree e a cadenza di tempo piuttosto lunga. Sui prodotti agricoli è ancora più complesso compiere una qualche forma di indagine, in quanto per avere un campione completo bisognerebbe coinvolgere quasi la totalità delle aziende agricole del territorio, o concentrarsi sulle specie vegetali spontanee contigue ai vari appezzamenti.
Ulteriori elementi da considerare hanno invece a che fare con lo spazio e con il tempo: le contaminazioni causate dai pesticidi sono infatti maggiori in prossimità dei luoghi e dei periodi in cui vengono effettuati i trattamenti. Un monitoraggio completo e significativo dovrebbe dunque considerare tutti questi aspetti, provvedendo all’elaborazione di un quadro che potrebbe servire, una volta per tutte, a sostenere un dibattito pubblico che in assenza di dati concreti rischia di rimanere incagliato in una sterile logica di contrapposizione.